Ai fini della qualificazione, dunque, non è decisivo né il dato strutturale né, tanto meno, l’intenzione delle parti319 perché il motivo di garanzia, non riferibile alla struttura della fattispecie, rileva quando da semplice atteggiamento interiore penetra nel contratto320, incidendo sul regolamento e, quindi, sugli effetti. Né si dica che il profilo funzionale non può concorrere alla qualificazione perché l’individuazione degli effetti (essenziali) sarebbe un posterius rispetto alla fattispecie che è destinata a produrli.

Insufficiente appare il riferimento al soggetto sul quale grava il peso economico del debito che soltanto nell’ espromissione potrebbe passare a carico del terzo. È, infatti, fuori discussione che tale peso non possa gravare in modo defintivo sul fideiussore, ma è anche vero che la situazione non è essenziale all’ espromissione. Pertanto, essendo possibile che, anche a séguito dell’ espro­missione, il debito resti a carico del primitivo obbligato, ne discende che l’effetto economico, puramente eventuale, non può distinguere l’espromissione dalla fideiussione. La diffe­renza può essere colta soltanto valutando gli effetti dei negozi considerati: l’espromittente, obbligandosi verso il creditore, diviene titolare del debito altrui, ma ciò non comporta l’au­tòmatica assunzione del relativo peso economico; il garante, invece, obbligandosi «personalmente» nei confronti del cre­ditore, diviene titolare di un debito distinto da quello garan­tito.

L’espromissione cumulativa realizza soltanto una dupli­cazione di debitori al di fuori della tipica funzione di garan­zia, sicché pare inammissibile l’ipotesi di un’ espromissione caratterizzata da una siffatta funzione, sia pure distinta da quella fideiussoria. Sebbene la fideiussione non sia l’unica for­ma possibile di garanzia personale, sembra che qualsiasi figu­ra caratterizzata dalla causa cavendi, pur nell’eterogeneità degli effetti e degli interessi tutelabili, consiste nell’assunzione di un’ obbligazione verso il creditore che lascia l’obbligato originario nella posizione di debitore principale. Il negozio di garanzia è caratterizzato dalla previsione, comune al garante ed al creditore, che l’obbligazione è assunta per rafforzare l’aspettativa in merito alla soddisfazione di interessi che tro­vano titolo e giustificazione in altra obbligazione, il cui tito­lare è rimasto immutato. Nei negozi di assunzione, invece, il terzo può divenire titolare del debito, restando impregiudicato l’assetto di interessi proprio del rapporto di provvista. Di recente, è stato affermato che l’espromissione può essere considerata l’unica ipotesi che consente al terzo di assumere il debito altrui verso il creditore. Indubbiamente l’espromit­tente, non agendo sulla base di un mandato (il c.d. iussum delegatorio) o a séguito di una convenzione con il debitore (accollo), può intervenire piu liberamente, senza giustificare causalmente l’assunzione dell’ obbligazione, quasi fosse un negozio astratto.

Se non si vuole ritenere che nella spe­cie assuma un particolare valore il ruolo svolto dalla volontà in sé considerata, la norma, al pari di altre (v., ad esempio, l’art. 1230, comma 2, cod. civ.), richiede che gli effetti propri del negozio fideiussorio si siano prodotti in modo non equi­voco, senza incertezze ed ambiguità35°. La scelta legislativa, richiedendo che la volontà di prestare fideiussione sia espres­sa, da un lato favorisce il terzo che in mancanza non può essere considerato giuridicamente obbligato, ma dall’ altro lo penalizza, attribuendo gli addirittura la posizione di assuntore qualora non risulti univocamente l’intenzione di garantire. Sarà, pertanto, onere del terzo chiarire che, a séguito del proprio intervento, debitore principale è rimasto sempre l’obbligato originario.

Come detto, l’art. 1937 cod. civ. non impone una dichia­razione verbis o litteris che può essere espressa anche con gesti mimici o convenzionali; la norma richiede, invece, che la volontà di prestare garanzia debba risultare in maniera univoca. In proposito, è stato efficacemente ricordat0353 che la disposizione in esame, stante la gravità dell’impegno assunto, non consente la costituzione della garanzia al di fuori. di una dichiarazione inequivocabile e precisa del fideiubente; pertan­to, tutte quelle figure che si caratterizzano soltanto per l’in­tento di raccomandazione e di benevola ed amicale segnala­zione della persona del debitore principale, senza con ciò solo volerne garantire l’adempimento, non rientrerebbero nella figu­ra di cui all’art. 1936 cod. civ.

Da ciò, a fortiori, discende che la dichiarazione di cui fa menzione l’art. 1937 cod. civ. deve evidenziare che il terzo ha inteso lasciare debitore principale l’obbligato originario, circostanza questa incompatibile con i negozi di assunzione a séguito dei quali il terzo diviene (con)ti­tolare del debito assunto. La norma è, quindi, utile riferimen­to non soltanto per distinguere la fideiussione da altre figure di garanzia, o da ipotesi di raccomandazioni che non importa­no l’assunzione di un’obbligazione fideiussoria354, ma anche per caratterizzarla rispetto ai negozi di assunzione del debito.

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