Al momento dell’unificazione italiana (l. n. 2248 del 1865), si sceglie una soluzione ispirata indirettamente al modello inglese:

  • sono aboliti i tribunali speciali investiti della giurisdizione amministrativa;
  • sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le materie nella quali si faccia questione di un diritto civile e politico, a prescindere dall’interesse della pubblica amministrazione;
  • sono attribuiti alle autorità amministrative tutti gli affari non compresi tra quelli di cui sopra.

In ossequio al principio della divisione dei poteri, si dispone che il giudice ordinario possa pronunciare soltanto sentenze dichiarative o condannare l’amministrazione ad un risarcimento di danni, non potendo invece revocare o modificare un atto amministrativo illegittimo.

In conclusione, si può dire che la tutela giurisdizionale viene riconosciuta soltanto:

  • ai diritti civili, sanciti dalle leggi civili;
  • ai diritti politici, inerenti alle libertà dei cittadini e sanciti dalla Costituzione.

Il Consiglio di Stato, peraltro, nella funzione di giudice dei conflitti, tendeva a negare la possibilità della tutela da parte della giurisdizione ordinaria quando a fronte di tali diritti vi fosse un potere discrezionale dell’amministrazione. A prescindere da questo, comunque, risultavano esclusi dalla tutela giurisdizionale gli interessi dei cittadini protetti da leggi diverse da quelle civili e costituzionali (c.d. leggi amministrative).

Per supplire alla carenza posta in essere dall’esclusione dalla tutela giurisdizionale di una serie di importanti interessi dei cittadini, il Parlamento approvò la l. n. 5992 del 1889 (c.d. legge Crispi), con la quale venne istituita la nuova IV sezione del Consiglio di Stato. A tale sezione, in particolare, venne attribuita la competenza a decidere (non giudicare) sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge, contro atti o provvedimenti di un’autorità amministrativa o di un corpo amministrativo deliberante che abbiano per oggetto un interesse (non diritto) di individui o di enti morali giuridici, quando i ricorsi medesimi non siano di competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria .

Occorre sottolineare tre elementi centrali di questa disposizione:

  • la competenza del giudice amministrativo viene definita in negativo rispetto a quella del giudice ordinario
  • la posizione giuridica del privato che viene in rilievo non prende il nome di diritto quanto piuttosto di interesse;
  • la sezione IV del Consiglio di Stato conosce non di cause bensì di ricorsi contro atti o provvedimenti : le sue pronunce, infatti, qualora siano di accoglimento, consistono nell’annullamento dell’atto o del provvedimento, restando quindi escluse sentenze di condanna.
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