Il principio di azionabilità delle pretese o di giustiziabilità, trova fondamento sia nell’art. 24 cost., secondo il quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e nell’art. 113 cost., secondo il quale contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti ed interessi; sia nell’art. 230 tr. Ce, che prevede la azionabilità delle pretese dei cittadini nei confronti dei poteri pubblici; sia nell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sancisce il diritto ad un equo processo, cioè il diritto di ogni persona a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente ed imparziale, costituito per legge, il quale deciderà sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta.

Il principio di imparzialità è stabilito dall’art. 97 cost. Esso ha un contenuto negativo ed uno positivo per la pubblica amministrazione, in quanto comporta non solo il divieto di favoritismi, preferenze e discriminazioni, ma anche l’obbligo di determinare criteri e modalità prima di procedere, quello di esaminare in modo accurato, completo e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie, quello di compiere in modo oggettivo un esame comparativo degli interessi da valutare e di tenere conto dei relativi risultati e quello di astensione quando vi sia un interesse alla decisione, per assicurare la terzietà dell’azione amministrativa.

Il principio di buon andamento è connesso ai criteri di economicità e di efficacia, al diritto ad una buona amministrazione ed al principio della buona gestione finanziaria.

La portata del principio di buon andamento sancito dall’art. 97 cost. è molto vasta: vi si fanno rientrare l’obbligo della pubblica amministrazione di perseguire la migliore realizzazione dell’interesse pubblico, in modo che vi siano coerenza e congruità tra l’azione amministrativa e il fine che essa deve perseguire; ovvero la tempestività dell’azione amministrativa; ovvero ancora l’economicità (minor costo), l’efficacia (che misura il rapporto tra risultati ottenuti e obiettivi prestabiliti) e l’efficienza (minore dispendio di risorse per ottenere i risultati) dell’attività amministrativa. Ad esso si connettono sia i criteri di economicità e di efficacia stabiliti dall’art. 1, c. 1, l. n. 241/1990 sul procedimento amministrativo, sia il ” diritto a una buona amministrazione ” riconosciuto dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sia il principio della ” buona gestione finanziaria ” disposto dall’art. 274 tr. Ce a carico della Commissione europea, per l’esecuzione del bilancio.

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