Le pubbliche amministrazioni hanno una propria posizione costituzionale riconosciuta a livello formale.

La Costituzione italiana disciplina la pubblica amministrazione in più norme: all’art. 5, secondo il quale la Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali ed attua il più ampio decentramento dei servizi statali; all’art. 95, secondo il quale i ministri sono responsabili individualmente degli atti dei loro dicasteri; all’art. 97, secondo il quale i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione; all’art. 118, secondo il quale le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà,

differenziazione ed adeguatezza. Inoltre, molte delle disposizioni contenute nel titolo I della prima parte della Costituzione, avente ad oggetto i diritti e i doveri dei cittadini, sono rivolte anche alle amministrazioni pubbliche: così, ad esempio, il diritto alla salute, la cui cura è assicurata dal Servizio sanitario nazionale, o il diritto allo studio, al quale provvede il Sistema nazionale di istruzione.

La Costituzione regola le amministrazioni pubbliche in modo sia diretto che indiretto.

– Nel primo caso, rimette alla legge l’organizzazione degli uffici, stabilisce chi ne è responsabile, detta criteri per la dislocazione delle funzioni.

– Nel secondo, assegna ai privati diritti rispetto ai quali vi sono o limiti dell’attività delle pubbliche amministrazioni oppure obblighi di prestazione di queste.

La funzione servente svolta dalle pubbliche amministrazioni nei confronti del governo incontra due limiti.

– Il primo è quello della riserva di legge prevista dall’art. 97 cost., secondo il quale l’organizzazione amministrativa è sottratta al governo: questo può dettare, con regolamento, l’organizzazione interna dei ministeri, ma non istituirli, sopprimerli, modificarli.

– Il secondo è quello del principio di imparzialità della pubblica amministrazione, che costituisce un limite alla politicità indotta in essa dal vertice politico: tale principio è ulteriormente sviluppato dalla Costituzione, nella parte in cui prevede l’accesso ai pubblici uffici mediante concorso, il divieto di promozioni non per anzianità dei funzionari pubblici che siano membri del Parlamento, la possibilità di vietare con legge l’iscrizione ai partiti politici di magistrati, militari, funzionari ed agenti di polizia, diplomatici.

Il principio di sussidiarietà, introdotto per la prima volta nell’art. 5 tr. Ce, è ora sancito dall’art. 118 cost., che regola la distribuzione delle funzioni amministrative: in base a tale principio gli organismi superiori (dal basso verso l’alto, province, città metropolitane, regioni e Stato) intervengono solo se e nella misura in cui le finalità dell’azione prevista non possano essere sufficientemente realizzate dall’organismo di livello inferiore e, quindi, più vicino alla collettività amministrata, il comune.

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