La riflessione scientifico culturale sul fenomeno del bullismo avuto inizio in Italia nel 1995, anno in cui Junger- Tas conia il termine “bullying”. Da allora molte comunitĂ  territoriali hanno elaborato progetti per lo studio del fenomeno su base locale e, da questi studi, è emerso che il fenomeno richiama in causa le istituzioni educative, specialmente la scuola e la famiglia, nonchĂ© la violenza costantemente perpetrata dai mass-media.

Precisazioni concettuali

Per bullismo si intende il comportamento violento di colui il quale, praticandolo con regolarità, mira ad asservire la vittima, minacciandola e vessandola, oppure a commettere atti vandalici verso beni in strutture pubbliche o verso proprietà private. Per una corretta lettura del bullismo, occorre tener conto del fatto che il comportamento individuale è sempre da valutare secondo i tratti del temperamento di ciascun soggetto. Inoltre vanno considerate sia le differenze sessuali (nei maschi si riscontrano soprattutto aggressioni fisiche, nelle femmine prevalgono atteggiamenti di natura psicologica verbale) che il divenire evolutivo (per cui gli educatori collocano il bullismo tra la fine della fanciullezza -otto anni- e la fine della preadolescenza -13 anni-. Infine è necessario essere consapevoli che il bullismo si manifesta mediante tre forme principali: un bullismo diretto-fisico (azioni violente), un bullismo diretto-verbale (insulti, derisioni), un bullismo indiretto (esclusione dal gruppo, diffusione di pettegolezzi).

L’esigenza che la scuola e il personale docente si interroghino in maniera sistematica sul fenomeno, identificandone innanzitutto le possibili cause, che sia ambientali, educative e socioeconomiche separatamente considerate, ma anzi intervengono tutte, con intensitĂ  differenti, interagendo tra di loro. Tra le principali si possono annoverare: dinamiche socioculturali tipiche di un certo contesto ambientale, fattore qualificante l’esperienza scolastica (clima della classe molto rigido, svalutazione dell’individualitĂ , fallimento scolastico), fa e riferibili alle caratteristiche di personalitĂ  dell’individuo ed eventi scatenanti atteggiamenti di violenza e prevaricazione.

Linee di intervento scolastico

molto spesso i bulli manifestano rendimento scolastico discontinuo e deludente. In questa prospettiva di preoccupazione educativa l’azione della famiglia deve svolgersi all’insegna del rapporto di collaborazione con la scuola, chiamata, a sua volta, a non colpevolizzare la famiglia per non suscitare un atteggiamento di chiusura nei genitori e ad evitare di escludere la famiglia -tentando di risolvere da sola il problema- nonchĂ© di isolare il soggetto considerato violento.

Sotto l’aspetto educativo-didattico sono tre i livelli di azione: livello di emergenza (in cui è comunque importante un clima di ascolto in cui l’adulto invece di dimostrare eccessivo rigore è identificato come una figura d’aiuto), livello del contenimento semplice (l’insegnante, individuato il soggetto aggressivo, assume accorgimenti didattici mediante i quali contenere il soggetto disturbante senza però rimarcare l’identitĂ  negativa del medesimo), livello di strategia pedagogica (per cui la scuola elabora un piano di prevenzione a lungo termine del fenomeno che coinvolga le famiglie, corresponsabilizzi gli alunni e li spinga a denunciare eventuali abusi o a fare un esame di coscienza.

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