Se insieme con il danno lesivo dell’integrità fisica o del patrimonio sia possibile conferire rilevanza giuridica anche al danno che consiste nell’ingiusto turbamento dell’animo è questione assai discussa. In assenza di disposizioni specifiche nel Codice del 1865 dottrina e giurisprudenza avevano difeso tesi opposte:

  • alcune volte a circoscrivere il più possibile l’area del danno risarcibile e a riconoscere il diritto della vittima al pretium doloris.
  • altre volte a ampliare il numero degli interessi giuridicamente rilevanti e a procedere con maggior larghezza al risarcimento.

La soluzione finale secondo la quale è risarcibile il danno non patrimoniale soltanto se conseguenza della commissione di un reato (art. 185 c.p.) non è valsa a comporre la controversia.

La giurisprudenza fa ricorso ad un concetto di danno morale che non si esaurisce nei perturbamenti psichici e nei patemi d’animo, ma che si spinge fino a considerare le conseguenze luttuose di eventi dannosi che si riflettono sulle stesse persone giuridiche.

Accade spesso che lesioni all’integrità psico-fisica di un soggetto gli impediscano di mantenere i consueti rapporti sociali o di instaurarne di nuovi. Tale danno, che prende il nome di danno alla vita di relazione, si dispone in modo diverso in riferimento al posto che occupa il soggetto danneggiato nella vita sociale. Il danno alla vita di relazione, tuttavia, non potendo ledere un interesse futile (es. vita mondana), deve riflettersi, sia pure indirettamente, sull’attività lavorativa o sulle attività complementari a questa.

Non si esclude, comunque, che il danno alla vita di relazione possa riferirsi all’attività futura che il soggetto avrebbe potuto intraprendere e che, sofferto il danno, non è più in grado di organizzare (es. danno estetico).

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 233 del 2003, ha affermato che il danno morale è risarcibile anche in casi in cui non sia configurabile un reato, in quanto l’art. 2059 non ha più una funzione sanzionatoria, ma soltanto una funzione ordinante che consente di tipizzare i singoli casi di risarcibilità del danno non patrimoniale, essendo sufficiente che l’illecito da cui deriva il danno sia astrattamente configurabile dalla legge come reato.

Nell’astratta previsione della norma, quindi, si deve ricomprendere:

  • il danno morale soggettivo, inteso come il transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima o dei suoi eredi.
  • il danno biologico, inteso come la lesione dell’interesse all’integrità psichica e fisica della persona.
  • il danno esistenziale, inteso come la lesione di altri interessi di rango costituzionale inerenti alla persona.
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