Il contratto è invalido quando è in contrasto con una norma imperativa di legge. L’invalidità può essere di due specie:

1) Il negozio è nullo quando il regolamento di interessi manchi del tutto, e cioè quando manca una dichiarazione che possa essere presa in considerazione nel traffico giuridico o anche quando tale dichiarazione non possa essere attribuita al suo preteso autore (violenza fisica) in tal caso si parla di insistenza de negozio; o quando l’oggetto del negozio sia indeterminato o indeterminabile (es. in una compravendita si lascia indeterminato il prezzo, in tal caso manca il regolamento negoziale dello scambio e di conseguenza la compravendita stessa); quando un determinato contratto non sia rivestito della forma richiesta dalla legge; quando il negozio sia illecito o immeritevole di tutela. In tutti questi casi il negozio è privo di effetti.

Di regola la nullità può essere fatta valere da qualunque interessato, sia le parti sia i terzi che vi abbiano interessi, invece è del tutto esclusa a terzi estranei. Inoltre anche il giudice può rivalere d’ufficio la nullità (es. una lite dalla quale dipende la soluzione e la validità del negozio). Come abbiamo detto il negozio nullo è privo di effetti e ciò si può riscontrare in qualsiasi momento per dichiarazione del giudice. Quindi per quei negozi che hanno dato esecuzione di prestazione, tali vanno restituite tramite le regole della ripetizione di indebito, mentre se nel contratto si stipula un trasferimento di diritti ciò non avviene o comunque il proprietario può rivendicarli. Però la rivendicazione ha dei limiti alla sua procedura, infatti, se nell’arco di 10 anni non viene restituita la prestazione, il debitore finisce per usucapire la proprietà della cosa e il diritto di rivendicazione cade in prescrizione.

Per quanto riguarda un’azione di nullità opponibili a terzi questa è possibile sempre (es. se A vende con un contratto nullo a B, e B vende con il medesimo contratto a C, A può ottenere la restituzione facendo valere nei confronti di C la nullità del contratto). Vi sono casi in cui sono nulle alcune clausole del contratto e non tutto il contratto, tale procedura si chiama nullità parziale es. si stipula un contratto verbale di mutuo, che prevede anche la costituzione di un’ipoteca sull’immobile del destinatario per garanzia dello stesso, in questo caso è nullo solo il contratto ipotecario per mancanza di forma ( doveva essere messo per iscritto).

La giurisprudenza in questo caso potrebbe annullare parzialmente il negozio solo nel caso del ipoteca, ma invece prescrive che la nullità parziale produce nullità all’intero contratto, se quest’ultimo non fosse concluso per la mancanza di quella parte che è colpita dalla nullità. Nell’ipotesi precedente il contratto è nullo se il creditore non avrebbe prodotto gli effetti del negozio se non avrebbe avuto garanzie reali, in questo caso l’ipoteca. Il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora le parti lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità. Tale processo di convalida si chiama conversione. La conversione determina effetti giuridici diversi da quelli stipulati nel negozio, ma tuttavia in grado di realizzare totalmente o in parte i risultati economici che le parti speravano (es. una promessa cambiaria nulla per difetto di forma può diventare semplicemente una promessa di pagamento, o un recesso per giusta causa, non sussistendo la giusta causa, può valere come recesso puro e semplice).

Nullo: non occorre che la nullità sia prevista dalla legge per invalidare il contratto, basta che una norma imperativa sia stata violata (nullità virtuale).

2) Il negozio è annullabile, invece, quando trattandosi di tutelare gli interessi di una parte, questa operi affinché vi sia un’eliminazione del negozio stesso. Si consideri un errore nella dichiarazione di volontà, l’impugnazione del contratto da parte del soggetto caduto in errore è una condizione essenziale affinché vi sia l’accertamento dello stesso e la sua rilevanza nel negozio. Tale ipotesi si può ripetere anche nei casi in cui vi sia violenza morale, dolo, incapacità di agire, o anche, conflitto d’interessi nella rappresentanza. E in tutti questi casi spetta solo alla vittima un’impugnazione del negozio per un’azione di annullamento, in questo caso il soggetto tutelato viene reso arbitro della sorte del negozio annullabile. Infatti si può convalidare un negozio annullabile, tale procedura è un negozio unilaterale, che può essere espresso con un atto che menzioni il negozio il motivo di annullamento e una dichiarazione dove si faccia presente la volontà di convalidare il negozio; o anche in maniera tacita attraverso un comportamento concludente pur conoscendo i motivi di annullabilità. Per l’azione di annullamento vi è un termine di prescrizione cinque anni. La prescrizione decorre dalla data del negozio annullabile. Comunque i soggetti che dispongono della possibilità di azione di annullamento per quei negozi che non sono stati eseguiti, possono rifiutare l’esecuzione senza limiti di tempo, si dice si prescrive l’azione, ma non l’eccezione all’annullamento.

Un problema sull’annullamento è prodotto dall’opponibilità ai terzi. In tali condizioni si fa un distinguo , infatti se il terzo acquirente sapeva dell’invalidità del negozio e lo stipula ugualmente, allora è opponibile il processo di annullamento e il terzo perde il diritto di affidamento, se invece il terzo acquista a titolo oneroso e in buona fede il suo diritto all’affidamento è tutelato e le conseguenze dannose ricadono sulle parti che le hanno prodotte. Invece l’annullamento può essere opponibile ai terzi quando l’oggetto del negozio è un bene immobile o mobile iscritto nei pubblici registri, o quando vi sia incapacità legale, non vi è tutela dell’affidamento perché in ogni caso il terzo ha la possibilità di conoscere la causa di invalidità consultando i pubblici registri.

Annullabile: ricorre quando sia stata prevista dalla legge come conseguenza della violazione di una norma imperativa ( ad es. l’incapacità di contrattare per coloro che ancora non hanno acquistato la legale capacità di agire.

Norme Imperative: norme non derogabili per volontà delle parti: le si identifica per il fatto che non contengono l’inciso ”salvo patto contrario”, ”salva diversa volontà delle parti”.

Ad esse si contrappongono le norme dispositive, che invece ammettono con inciso del genere ora indicato, una diversa volontà delle parti.

Produce nullità del contratto, oltre la violazione delle norme imperative: la mancanza di uno dei requisiti del contratto: mancanza dell’accordo delle parti, della causa o dell’oggetto o della forma.

Il contratto è ancora nullo per illiceità della causa, dell’oggetto, per illiceità dei motivi.

La causa, i motivi, l’oggetto, sono illeciti, quando sono contrari a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume.

Il contratto è annullabile se la volontà di una delle parti è stata dichiarata per errore o carpita con dolo o estorta con violenza. Queste tre ipotesi vengono tradizionalmente ricompresse entro la generale categoria dei vizi della volontà.

Ne fanno parte:

1) L’errore motivo: ovvero l’errore che insorge nella formazione della volontà, prima che

questa venga dichiarata all’esterno. L’errore può essere

– sulla natura o sull’oggetto del contratto

– sull’identità dell’oggetto

– sull’identità o sulle qualità personali dell’altro contraente

– sui motivi del contratto

2) L’errore ostativo: ovvero l’errore che cade, anziché sulla formazione della volontà, sulla

esterna dichiarazione, oppure è l’errore commesso dalla persona o dall’ufficio incaricato

di trasmettere la dichiarazione.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento