Con la riforma, il regime patrimoniale legale della famiglia è costituito dalla comunione dei beni. La nuova disciplina ha trovato applicazione automatica soltanto per le coppie sposatesi dopo l’entrata in vigore della legge di riforma (20.09.75). Per le coppie già unite in matrimonio a quella data una norma transitoria ha previsto un periodo di pendenza di 2 anni a partire dall’entrata in vigore della riforma (periodo poi prorogato fino al 15.01.78): se durante questo periodo uno qualsiasi dei coniugi, con atto unilaterale ricevuto da notaio o dall’ufficiale dello stato civile del luogo in cui fu celebrato il matrimonio, ha dichiarato di non volere il regime di comunione legale, la coppia è rimasta assoggettata, come prima, al regime di separazione dei beni.

Qualora, invece, nessuno dei due coniugi abbia preso, entro il 15.01.78, l’iniziativa di un simile atto, la coppia è stata automaticamente assoggettata al regime di comunione legale. Per quelle coppie unite in matrimonio successivamente all’entrata in vigore della riforma, che volessero la separazione dei beni, devono convenire in un accordo stipulato per atto pubblico o farlo risultare dall’atto di matrimonio.

La comunione legale

La comunione legale, non è una comunione universale, cioè di tutto quanto appartiene a ciascuno dei coniugi.

In base al c.c. riformato cadono automaticamente in comunione:

  1. Gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali. Fanno parte della comunione, i mobili di casa, l’auto, l’appartamento,…
  2. Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
  3. Gli utili e gli incrementi di aziende gestite da entrambi i coniugi, ma appartenenti ad uno solo di essi anteriormente al matrimonio.

Sono invece esclusi dalla comunione e rimangono beni personali di ciascun coniuge:

  1. i redditi personali;
  2. i beni di cui il coniuge era già titolare prima del matrimonio;
  3. i beni da lui acquistati successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione in suo favore;
  4. i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge;
  5. i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione;
  6. i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
  7. i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento di altri beni personali o col loro scambio.

Se uno dei coniugi è minore o non può amministrare, per lontananza o per impedimenti, o ha male amministrato, l’altro coniuge può chiedere al giudice di escluderlo dall’amministrazione. I beni della comunione rispondono:

  1. di tutti i pesi ed oneri gravanti su di essi al momento dell’acquisto;
  2. di tutti i carichi dell’amministrazione;
  3. di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche se separatamente, nell’interesse della famiglia;
  4. di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi.

Scioglimento della comunione:

La comunione legale si scioglie per effetto di una delle seguenti cause:

  1. morte di uno dei coniugi;
  2. sentenza di divorzio;
  3. dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi;
  4. annullamento del matrimonio;
  5. separazione personale legale tra i coniugi (non basterebbe una separazione di fatto);
  6. fallimento di uno dei coniugi;
  7. convenzione tra i coniugi per abbandonare il regime di comunione, sostituendo con un altro dei regimi patrimoniali ammessi;
  8. separazione giudiziale dei beni. A sua volta, la separazione giudiziale dei beni può essere pronunciata dal tribunale, a richiesta di uno dei coniugi, quando ricorra una delle seguenti cause: interdizione di uno dei coniugi; inabilitazione di uno dei coniugi; cattiva amministrazione della comunione; disordine negli affari personali di un coniuge, tale da mettere in pericolo gli interessi dell’altro o della comunione o della famiglia; condotta tenuta da uno dei coniugi nell’amministrazione della comunione tale da creare la situazione di pericolo di cui al punto precedente; mancata o insufficiente contribuzione da parte di uno dei coniugi al soddisfacimento dei bisogni familiari, in relazione all’entità delle sue sostanze e alle sue capacità di lavoro. Verificatasi una causa di scioglimento della comunione, occorre procedere alla divisione dei beni comuni, da effettuare sempre in parti eguali tra moglie e marito o loro eredi.

La separazione dei beni può essere scelta solo mediante un accordo.

Comunione convenzionale

In mancanza di apposita convenzione matrimoniale, il regime patrimoniale legale che si applica ai coniugi è quello della comunione automatica degli acquisti. Il legislatore ha previsto che i coniugi possano convenire, con apposita stipulazione matrimoniale, di non escludere il regime di comunione, ma soltanto di disciplinarlo diversamente, dando luogo ad una comunione, per l’appunto, convenzionale. In concreto, la stipulazione di un accordo tra i coniugi per dar vita ad una comunione convenzionale può soprattutto mirare o a ricomprendere nella comunione anche beni personali.

La separazione dei beni

Il regime patrimoniale legale è quello della comunione degli acquisti, ma resta salva la facoltà dei coniugi di convenire che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio. Quando si applica il regime di separazione ciascun coniuge conserva il godimento e l’amministrazione dei beni di cui è titolare esclusivo.

Il fondo patrimoniale

La riforma prevede la possibilità che venga costituito un fondo patrimoniale per far fronte ai bisogni della famiglia. Il fondo patrimoniale può essere costituito da ciascuno dei coniugi, da entrambi, o anche da un terzo. La costituzione deve avvenire con un atto pubblico o, se il costituente è un terzo, anche mediante testamento. Possono far parte del fondo solo beni immobili, mobili registrati o titoli di credito. La proprietà dei beni che costituiscono il fondo, salva diversa disposizione nell’atto costitutivo, spetta ad entrambi i coniugi. L’amministrazione del fondo è regolata dalle stesse norme che disciplinano l’amministrazione della comunione legale. I frutti dei beni del fondo non possono essere utilizzati che per i bisogni della famiglia. I beni del fondo, non possono essere alienati, concessi in garanzia, se non con il consenso dei coniugi e, qualora vi siano figli minori, previa autorizzazione giudiziale da concedersi solo per necessità evidente della famiglia

L’impresa familiare

Una novità della riforma del 1975 è stato l’art.230-bis c.c. dedicato alla impresa familiare. La norma mira a tutelare i familiari dell’imprenditore che prestino in modo continuativo la loro attività di lavoro nell’impresa del loro congiunto. I familiari tutelati con la norma, sono il coniuge, i parenti entro il 3°grado, gli affini entro il 2°grado. A costoro viene riconosciuto il diritto al mantenimento ed il diritto a partecipare agli utili dell’impresa ed agli incrementi dell’azienda. In caso di cessazione della prestazione del lavoro e in caso della cessazione dell’azienda il diritto di partecipazione spettante ai familiari dell’imprenditore può essere liquidato in danaro e il pagamento può essere dilazionato in più annualità. I partecipanti hanno diritto di prelazione sull’azienda in caso di cessione o di divisione ereditaria.

La dote

La dote era rappresentata da quei beni che, mediante un atto solenne, la moglie apportava al marito per sostenere i pesi del matrimonio. Essa presupponeva, quindi, che sul marito ricadesse l’onere di mantenere la moglie. Introdotto il regime di assoluta uguaglianza tra i coniugi, l’istituto della dote ha perso ogni significato. Infatti, la riforma ha stabilito un divieto rigoroso di costituzione della dote. Le doti costituite anteriormente all’entrata in vigore della riforma, continuano ad essere disciplinate dalle norme anteriori.

Scioglimento del matrimonio: esso può avvenire o per la morte di uno dei coniugi o per il divorzio.

La morte non fa cessare alcuni effetti del matrimonio, es. il coniuge ha diritti di successori sul patrimonio dell’altro, la vedova non può contrarre matrimonio durante il lutto vedovile, la vedova conserva il conserva il cognome del marito, i rapporti di affinità non cessano.

Il divorzio è ammissibile solo quando il giudice, dopo aver fallito il tentativo di conciliazione, accerta che la comunione materiale e spirituale dei coniugi non può essere mantenuta. Le singole cause tassative previste dalla legge sono quando uno dei due coniugi sia stato condannato all’ergastolo per reati particolarmente gravi(incesti, stupro, prostituzione), quando un cittadino abbia ottenuto all’estero l’annullamento del matrimonio, quando il matrimonio non sia stato consumato.

Il divorzio scioglie il matrimonio con possibilità di contrarre nuovo matrimonio, la moglie perde il cognome del marito, uno dei due coniugi deve corrispondere all’altro un assegno periodico in proporzione al proprio reddito, assegna i figli a uno di loro con obbligo dell’altro di contribuire al mantenimento, vengono persi i diritti successori.

La separazione personale è la situazione di legale sospensione dei doveri reciproci dei coniugi, salvo quelli di assistenza e reciproco rispetto. Il matrimonio non cessa, quindi non si può contrarre nuovo matrimonio, può finire in qualsiasi momento con la riconciliazione dei coniugi. Esistono tre tipi di separazione:

Separazione di fatto: è l’interruzione della convivenza dei coniugi, non ha rilevanza giuridica anche se può essere usata per il divorzio

Separazione consensuale: avviene con accordo delle parti che deve essere omologato dal tribunale, esso darà il consenso solo se non sarà in contrasto con l’interesse della prole. A tale scopo può dettare delle condizioni da adottare nell’interesse dei figli

Separazione giudiziale: è pronunciata dal giudice si istanza di uno o entrambi i coniugi per cui la convivenza sia diventata intollerabile o l’educazione dei figli sia in pericolo. E’ indifferente di chi sia colpa, però il giudice può stabilirlo e fare in modo che il colpevole dia quanto necessario per il mantenimento, ha rilevanza per i fini successori in quanto solo il coniuge senza addebito ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato. Resta fermo l’obbligo degli alimenti. I figli sono affidati a uno di essi.

La riconciliazione può avvenire in qualsiasi momento e può essere tacita se riprende con il ritorno a casa di uno dei coniugi o espressa se sancita da un accordo formale. Non richiedono un provvedimento giudiziale per far cessare gli effetti della separazione ma producono effetti di per sè.

La filiazione è il rapporto che intercorre tra genitore e figlio. A seconda che il figlio sia nato durante il matrimonio o fuori di esso prende il nome di legittimo o naturale. Per vedere se il figlio è stato concepito dal legittimo marito e in stato di matrimonio, la legge ritiene concepito nel matrimonio il figlio nato non prima di 180 giorni dalla sua celebrazione e non dopo 300 giorni dal suo scioglimento. Un figlio nato fuori da questo frangente può lo stesso essere considerato legittimo. La maternità si prova con l’atto di nascita, il matrimonio con il certificato di matrimonio. Con lo status di figlio si ha il diritto ad essere educato, mantenuto, il diritto agli alimenti, diritto successorio,nonché il dovere di obbedienza ai genitori e di instaurazione del rapporto di parentela con i parenti dei genitori.

Il disconoscimento del figlio è consentito solo se i genitori non hanno coabitato nel periodo tra il 300 e il 180 giorno prima della nascita, se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, se la moglie ha commesso adulterio. Se il disconoscimento è accettato il figlio risulta naturale riconosciuto dalla madre.

Azione impugnativa della paternità è diretta a disconoscere il figlio nato prima di 180 giorni prima della celebrazione del matrimoni; azione di contestazione della legittimità mira a negare l’appartenenza del figlio alla famiglia, si può impugnare il parto, l’identità del figlio, l’annualità del matrimonio; azione di reclamo della legittimità il figlio reclama lo status di figlio legittimo, non può essere fatta se il figlio è già legittimo di qualcun altro, tranne nel caso di supposizione di sostituzione di neonato.

Riconoscimento consiste nella dichiarazione fatta da uno o entrambi genitori che una data persona è figlio.

Figlio naturale è quello nato da una coppia non sposata, può essere riconoscibile se le persone non sono sposate o lo sono con matrimoni diversi. E’ riconoscibile se nato da due parenti che non sapevano di essere tali, se la buona fede è da parte di uno solo dei genitori questo può riconoscere il figlio. Il riconoscimento è un atto formale in quanto può essere fatto solo nelle forme prestabilite e irrevocabile, puro visto che non ammette né condizioni né termini, impugnabile solo per effetto di impugnabilità, personale visto che può essere fatto solo dal genitore. Se il riconoscimento avviene nei confronti un ultrasedicenne il figlio ne deve dare l’assenso.

La legge ha equiparato lo status di figlio legittimo con quello naturale il quale ha praticamente gli stessi diritti del legittimo, ha gli stessi diritti mortis causa anche se il figlio legittimo può commutare in denaro la parte spettante al naturale, il figlio naturale non acquista vincoli di parentela con i parenti dei genitori tranne nei casi previsti dalla legge. Il figlio naturale può ricevere lo status di legittimo se i due genitori si sposano tra di loro o su provvedimento del giudice se vi sia, per casi gravi, l’impossibilità per i genitori di sposarsi.

Per l’adozione la legge richiede alcuni requisiti e cioè che i futuri genitori siano sposati da almeno tre anni e la loro età deve superare di non meno di diciotto e non più di quaranta quella dell’adottato, devono essere idonei a mantenere e a educare i figli. L’adozione è consentita per tutti i minori, se l’adottato ha tra i 12 e 14 anni deve essere sentito, se ne ha più di 14 deve dare il suo assenso. Lo stato di adozione si concretizza con la mancata assistenza morale e materiale non temporanea da parte dei genitori.

Prima dell’adozione vera e propria è previsto un periodo di affidamento preadottivo della durata di un anno. L’adottato acquista lo status di figlio legittimo e assume il cognome dai nuovi genitori, cessano i rapporti giuridici con i veri genitori. L’adozione di maggiorenni è consentita a coloro che non hanno figli legittimi o legittimati, che abbiano compiuto 35 e che superino i 18 anni di differenza di età con l’adottato. Per esserci adozione serve il consenso delle due parti(adottante e adottato), il consenso dei genitori dell’adottato. Il Tribunale svolge tutte le indagini per vedere se esiste un vantaggio per l’adottato, poi questo prende il nuovo cognome e lo antepone al primo. Non nascono rapporti di parentale tra l’adottato e i parenti dell’adottante. L’adottato acquista i diritti successori.

L’affidamento si ha quando il minore sia privo di un ambiente familiare idoneo, la situazione deve essere temporanea, possono diventare affidatari del minore una famiglia, una persona singola o una comunità di tipo famigliare. Gli affidatari sostituiscono i genitori e devono svolgere tutte quelle cose proprie dei genitori, devono anche favorire il reinserimento del minore nella famiglia di origine.

Alimenti è il diritto all’assistenza materiale della persona priva di mezzi che prima veniva mantenuta dalla famiglia. Questo diritto è personalissimo. Perché nasca questo diritto bisogna che ci sia un rapporto di parentela, affinità, adozione, tra alimentante e alimentando, lo stato di bisogno in cui si trova l’avente diritto accompagnato dall’impossibilità di provvedere al proprio mantenimento, le situazioni economiche dell’obbligato. La misura deve essere in proporzione alle situazioni economiche dell’obbligato e del bisogno della domanda. Il modo di somministrazione è indicato dall’autorità giudiziaria. Oltre alle persone legate da vincolo di parentela, affinità, adozione chiunque tramite un contratto può assumersi l’obbligo verso altre persone di mantenerle. Questo obbligo può derivare anche da testamento, ricorre allora il legato alimentare.

 

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