L’interpretazione è l’attività volta a chiarire il significato delle disposizioni normative in vista della loro applicazione nei casi concreti.

L’interpretazione si dice autentica quando proviene dallo stesso organo che ha emanato la norma, in questo caso è vincolante per tutti i consociati.

Quando manca l’interpretazione autentica l’interpretazione delle norme deve avvenire secondo criteri precisi stabiliti dalla legge. Precisamente l’interpretazione è regolata dall’articolo 12 delle pre-leggi, il quale stabilisce che: “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”.

Si prevede quindi un’ interpretazione letterale, cioè basata sul significato delle singole parole. Ma lo stesso articolo attraverso la locuzione “intenzione del legislatore“, riconosce e legittima la cosiddetta interpretazione logica, cioè quell’attività ermeneutica che, muovendo dall’intero sistema normativo vigente (e non solo dalla singola norma), giunga a ricostruire la ratio legis (ovvero la finalità sociale o economica della norma giuridica stessa).

Ci si è chiesto se l’interpretazione analogica debba operare anche in presenza di chiarezza del dato testuale, è da ritenere di si visto che l’art. 12 pre-leggi parla di significato proprio delle parole e di intenzione del legislatore, cioè l’una non è alternativa all’altra!

Un altro criterio interpretativo, anche se non previsto dall’art. 12 è rappresentato dall’interpretazione evolutiva, nel senso che nell’interpretare la legge occorre anche tener conto dell’evoluzione dell’ ordinamento nel frattempo intervenuta. In questo senso negli ultimi anni abbiamo assistito spesso ad una rilettura del c.c. alla luce dei valori espressi dalla nostra costituzione e dei valori introdotti dall’ordinamento comunitario.

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