La rivoluzione informatica permette nuove forme di creazione, utilizzazione e riproduzione di opere e incrementa in modo esponenziale le modalità di circolazione e fruizione dei contenuti, incidendo profondamente sulla conoscenza e, di conseguenza, sulla proprietà intellettuale: il nuovo mondo digitale si trova così a fare i conti con il diritto d’autore che è disciplinato in Italia, oltre che dal codice civile anche dalla legge 633/1941.

Il diritto d’autore protegge le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro, alla cinematografia e i beni informatici, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.

Nel nostro ordinamento la creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale, è titolo originario all’acquisto del diritto d’autore e, di conseguenza, comporta l’acquisizione automatica dei diritti, lo sfruttamento delle prerogative e dei diritti collegati e la connessa tutela: la protezione giuridica è automatica e non è richiesta alcuna formalità.

Anche i contenuti, i materiali e le opere digitali cadono sotto la protezione del diritto d’autore.

Il diritto d’autore si compone di diritti quale il diritto alla paternità dell’opera e di diritti patrimoniale o di utilizzazione economica: l’autore ha il diritto esclusivo di pubblica l’opera e di utilizzarle economicamente in ogni forma e modo, originale o derivato, nei limiti e per gli effetti fissati dalla legge. I diritti patrimoniali comportano, di conseguenza, l’esclusività, dal momento che le utilizzazioni possono essere precluse a soggetti diversi dal titolare, se non autorizzate nei limiti e nei modi che la legge stabilisce.

Nelle sue componenti morali e patrimoniali, il diritto d’autore trova fondamento in in complesso combinato di norme costituzionali, che vanno dall’articolo 2 (diritti inviolabili) e dall’articolo 4 (progresso materiale e spirituale della società), passando dall’articolo 9 (cultura e ricerca scientifica e tecnica) e dall’articolo 21 (libera manifestazione del pensiero) fino all’articolo 33 (libertà dell’arte e della scienza), all’articolo 35 (tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni) e all’articolo 42 (diritto di proprietà).

Nell’era dei byte la disciplina del diritto d’autore si trova di fronte a un necessario e complesso adeguamento: la rete rende globale la fruizione di contenuti, diventa agevole trarre infinite copie di un’opera con la stessa qualità dell’originale a costo zero e, di conseguenza, è difficile controllare e limitare la circolazione dei contenuti. A questo va aggiunta una difficoltà ulteriore: nella rete spesso i contenuti digitali non sono pubblicati dall’autore, ma sono riutilizzati e ridistribuiti e, pertanto, diventa difficile risalire all’autore per ottenerne l’autorizzazione per l’utilizzo.

Nel web 2.0 può essere particolarmente difficile proteggere il diritto d’autore.

Per questo, oltre a strumenti di ordine legale si ricorre a misure tecnologiche di protezione a presidio delle opere digitali, in modo che alcune operazioni non solo siano giuridicamente illecite, ma anche inibite tecnicamente. La normativa fornisce anche la possibilità di applicare le cosiddette informazioni elettroniche sul regime dei diritti, che semplificano la gestione dei diritti stessi e della tutela giuridica: ma tali strumenti possono avere l’effetto di limitare la diffusione e la circolazione delle opere.

Da un punto di vista legale l’utilizzo dell’opera digitale protetta dalla legge 633/1941 avviene legittimamente con l’autorizzazione da parte dell’autore per mezzo di una licenza che stabilisce le utilizzazioni consentite giuridicamente. Anche per quanto riguarda i contenuti digitali si distingue tra sistemi di tutela giurisdizionali, con le relative licenze “proprietarie” e sistemi con “licenze aperte”, in relazione ai diversi diritti concessi a chi fruisce dell’oggetto tutelato dal diritto d’autore.

La tutela giurisdizionale consiste nel riservare tutti i diritti al titolare: nella prassi si usa l’espressione “all rights reserved” o il simbolo © per indicare il titolare del copyright anche se tali indicazioni possono essere superflue, dal momento che si acquisiscono i diritti semplicemente con la creazione dell’opera: l’utente, in tali casi, potrà limitarsi a fruirne nei limiti previsti ma senza il consenso di colui che detiene i relativi diritti non potrà copiare, pubblicare o modificare i contenuti protetti.

Diverse sono le licenze di tipo open che, invece di stabilire i limiti di utilizzabilità delle opere, tendono a garantire una serie di diritti a chi ne entra in possesso. La caratteristica principale è la possibilità di pubblicare o riutilizzare secondo il modello “some rights reserved”: al riguardo di parla di copyleft e di permesso d’autore, l’unico vincolo sempre presente è l’attribuzione di paternità, il diritto morale d’autore.

Sono licenze di tipo aperto le “Creative Commons Public Licenses” sorte negli Stati Uniti nel 2001 e poi diffuse in tutto il mondo per agevolare la libera circolazione delle opere dell’ingegno e della cultura. Tali licenze indicano quali sono le libertà che l’autore vuole concedere e a quali condizioni è possibile utilizzare le opere: questo sistema consente all’autore di scegliere tra i diversi tipi di licenza standard e specificare a quali esclusive intenda rinunciare. Le licenze standard sono sei, gratuite e valide senza limitazioni di tempo e territorio, frutto della combinazione tra quattro diverse clausole:

  1. “ATTRIBUZIONE” (BY), ossia il riconoscimento della paternità dell’opera: tale clausola risponde al diritto morale d’autore, componente essenziale, inalienabile e non rinunciabile della licenza.
  2. “NON COMMERCIALE” (NC), non si autorizzano utilizzi a scopi commerciali
  3. “NON OPERE DERIVATE” (ND), non si autorizza la creazione di opere derivate, ossia la possibilità di modificare, elaborare, alterare o trasformare i contenuti originari e crearne altri
  4. “CONDIVIDI ALLO STESSO MODO” (SA), se viene modificata, alterata o trasformata l’opera o ne viene creata un’altra, quella risultate deve essere distribuita sotto lo stesso regime giuridico aperto, ossia con la stessa licenza o una equivalente

Le sei licenze che ne derivano sono le seguenti:

  1. CC BY: “attribuzione”.
  2. CC BY-SA: “attribuzione-condividi allo stesso modo”.
  3. CC BY-ND: “attribuzione-opere non derivate”.
  4. CC BY-NC: “attribuzione-non commerciale”.
  5. CC BY-NC-SA: “attribuzione-non commerciale-condividi allo stesso modo”
  6. CC BY-NC-ND: “attribuzione-non commerciale-non opere derivate”.

Le licenze sono espresse in diverse forme:

  1. “LEGAL CODE”, ossia il testo legale che ne esprime l’intero contenuto ed è la vera e propria licenza da un punto di vista giuridico
  2. “COMMONS DEED”, ossia il contenuto essenziale della licenza reso in forma semplificata e identificato con la sigla e l’icona relativa alla licenza
  3. “DIGITAL CODE O MACHINE READABLE CODE”, ossia il formato digitale, l’insieme di metadati che permette di interfacciare la licenza con i sistemi informatici

Le licenze redatte sulla base del diritto statunitense o su modelli neutri sono tradotte e adattate ai diversi ordinamenti dai gruppi di lavoro nazionali.

Le licenze sono costantemente adattate, modificate, revisionate e aggiornate per adattarsi alle evoluzioni e ciò si traduce nelle diverse “versioni”: 4.0 nella versione internazionale e 3.0 in quella italiana.

Sotto il profilo del diritto d’autore viene anche in gioco il modello peer-to-peer: la rete stessa ha previsto accanto al modello client (utente) – server (fornitore di servizio), il modello peer-to-peer (P2P) dove ogni nodo della rete svolge entrambe le funzioni (server e client), mettendo a disposizione una parte delle proprie risorse e utilizzando risorse messe a disposizione da altri.

Tale modello ha diverse esplicazioni, che vanno dalla condivisione della potenza di calcolo, alla condivisione delle connessioni Internet fino alla realizzazione più significativa che consiste nella condivisione di file: esempio celebre è il sistema “Napster” per la condivisione di file musicali.

Il peer-to-peer e il file sharing possono generare fenomeni di “pirateria digitale” mettendo a rischio i diritti del titolare: già queste osservazioni denotano come la tutela del diritto d’autore possa essere complessa nell’era digitale. Il diritto d’autore è infatti regolato da norme che nascono e sono adeguate a un diverso contesto di riferimento, il mondo analogico, e devono essere faticosamente adattate alla diversa realtà digitale.

Proprio in considerazione di queste difficoltà, un ruolo incisivo è stato assunto da un’autorità amministrativa indipendente, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che il 12 Dicembre 2013 ha approvato, con delibera il “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 70/2003” di seguito detto regolamento Agcom.

Il regolamento Agcom disciplina le procedure a tutela del diritto d’autore online, prevedendo che il soggetto legittimato, ossia il titolare o il licenziatario del diritto d’autore o le associazioni di gestione collettiva o di categoria con mandato conferito dal titolare o dal licenziatario del diritto, qualora ritenga che un’opera digitale sia stata resa disponibile su una pagina Internet in violazione della legge sul diritto d’autore, possa presentare un’istanza all’Autorità, chiedendone la rimozione: l’istanza è trasmessa utilizzando e compilando, in ogni sua parte, il modello reso disponibile sul sito web dell’autorità e allegando ogni documentazione utile comprovare la titolarità del diritto.

Entro sette giorni dalla ricezione dell’istanza, l’Autorità avvia il procedimento istruttorio e comunica l’avvio ai prestatori di servizi all’uopo individuati, nonché, ove rintracciabili, all’uploader e ai gestori della pagina e del sito che possono adeguarsi spontaneamente: in tal caso l’istanza viene archiviata. Se, invece, i i prestatori di servizi, nonché l’uploader e i gestori della pagina e dei sito ritengano di controdedurre in merito alla violazione contestata, trasmettono ogni elemento utile ai fini del relativo accertamento, entro il termine di cinque giorni dalla ricezione della comunicazione.

In assenza di adeguamento spontaneo l’Autorità, con provvedimento adottato entro trentacinque giorni dalla ricezione dell’istanza, esige che i prestatori di servizi destinatari della comunicazione impediscano la violazione medesima o vi pongano fine, entro tre giorni dalla notifica, di norma attraverso la rimozione selettiva delle opere digitali o con la disabilitazione dell’accesso alle opere o al sito: in caso di inottemperanza, l’Autorità applica le sanzioni amministrative previste.

Attraverso i provvedimenti dell’Agcom è ammesso il ricorso davanti al giudice amministrativo e il procedimento dinanzi all’Autorità non può essere promosso qualora per il medesimo oggetto e tra le stesse parti sia pendente un procedimento dinanzi all’autorità giudiziaria.

L’incisività dei poteri che il regolamento riconosce a un’autorità amministrativa ha sollevato forti reazioni in considerazione del fatto che sono disposti provvedimenti di cancellazione dei contenuti pubblicati online in mancanza di una norma di legge che espressamente li preveda, al di fuori di un processo davanti all’autorità giudiziaria.

Le perplessità sono sfociate nel ricorso al TAR Lazio presentato dal alcune associazioni: con due ordinanze il TAR Lazio ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione, ha sospeso il giudizio e ha rimesso alla Corte costituzionale il giudizio di legittimità costituzionale delle norme, sulla cui base l’Agcom ha approvato il regolamento. La Corte costituzionale, però, ha ritenuto inammissibili le ordinanze per i “molteplici profilo di contraddittorietà, ambiguità e oscurità nella formulazione della motivazione”. Nonostante l’inammissibilità, la Corte ha avuto modo di affermare che le disposizioni non attribuiscono espressamente ad Agcom un potere regolamentare in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica, quale quello esercitato: successivamente, il Tar Lazio ha respinto i due ricorsi.

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