Il TUIR prevede, per gli interessi passivi, una serie di norme che derogano ad una implicita regola generale di piena deducibilità degli stessi interessi. Precisamente, i limiti posti da queste norme alla deducibilità degli interessi passivi riguardano:

  • Gli interessi passivi derivanti da finanziamenti erogati dai soci (cd. capitalizzazione sottile);
  • Gli interessi passivi correlati al possesso di partecipazioni esenti (cd. prò rata patrimoniale);
  • Gli interessi passivi correlati a ricavi non soggetti a tassazione (cd. prò rata ordinario).

Le norme sulla capitalizzazione sottile sono dirette a limitare i vantaggi fiscali che all’imprenditore possono derivare dall’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione, ossia dal ricorso ingiustificato all’indebitamento. Nello specifico, l’espressione capitalizzazione sottile indica il fenomeno dei finanziamenti onerosi effettuati dai soci in favore della stessa società alla quale partecipano. I relativi vantaggi consistono nel fatto che gli interessi passivi, da un lato riducono la quantità di reddito tassabile, dall’altro godono di regimi fiscali più favorevoli rispetto a quello previsto per i dividendi. Appunto per questo che il legislatore ha disposto dei limiti, oltre ai quali gli interessi passivi derivanti da finanziamenti erogati dai soci non sono deducibili dal reddito d’impresa, e vengono sottoposti allo stesso regime fiscale previsto per i dividendi. Ad ogni modo, questo disciplino particolare non si applica a tutte le imprese, ma solo a quelle il cui volume di ricavi non supera i limiti previsti per l’applicazione degli studi di settore, e riguarda comunque soltanto i finanziamenti direttamente o indirettamente erogati dai soci qualificati, e i soli casi in cui il loro ammontare superi il rapporto di 4 a 1 rispetto alle quote di patrimonio netto di pertinenza di ciascun socio finanziatore.

Il limite del pro rata patrimoniale si applica sugli interessi passivi che rimangono dopo l’eventuale applicazione delle norme sulla capitalizzazione sottile, e solo nel caso in cui la società possegga partecipazioni che godono del regime agevolato sulle plusvalenze {plusvalenze esenti). Esso ha la funzione di escludere che a questo regime agevolato (esenzione delle plusvalenze) possa aggiungersi l’altro regime fiscale agevolato, ossia quello della deducibilità degli interessi passivi derivanti dall’acquisto delle partecipazioni. La legge prevede che opera questo limite se alla fine del periodo d’imposta il valore delle partecipazioni eccede quello del patrimonio netto. In tal caso, la misura di tale limite sarà determinata rapportando questa eccedenza con l’eccedenza dell’attivo patrimoniale complessivo rispetto al patrimonio netto. Ad esempio, se la società ha partecipazioni per 150 e il suo patrimonio netto è di 100, mentre il suo attivo patrimoniale complessivo è di 200, in tal caso, gli interessi passivi saranno deducibili per il 50%, in virtù del rapporto tra l’eccedenza del valore delle partecipazioni rispetto a quello del patrimonio netto (150 – 100 = 50) e l’eccedenza dell’attivo patrimoniale complessivo rispetto al patrimonio netto (200 – 100 = 100).

Infine, il limite del pro rata ordinario si applica ulteriormente in via residuale rispetto a quelli precedenti. Esso ha la funzione di escludere la deducibilità degli interessi passivi se i ricavi dell’impresa godono di trattamenti fiscali di favore. Infatti è previsto che gli interessi passivi sono deducibili solo per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi.

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