Autotutela dell’Amministrazione finanziaria

Secondo un principio generale del diritto amministrativo, gli uffici dell’amministrazione finanziaria possono procedere, salvo che sia intervenuto il giudicato, all’annullamento totale o parziale dei propri atti ritenuti illegittimi od infondati, con provvedimento motivato comunicato al destinatario dell’atto.

L’esercizio dell’autotutela può essere svolto anche in pendenza di giudizio od in caso di non impugnabilità; non si richiede l’istanza di parte.

È possibile distinguere due tipi di autotutela.

La prima ricorre quando l’atto non è divenuto definitivo, perché pende il termine per l’impugnazione od il giudizio instaurato attraverso il ricorso contro lo stesso.

Il secondo tipo di autotutela è quella che riguarda atti divenuti invece definitivi, nel qual caso l’autotutela è volta ad assicurare la conformità dell’azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento (97 Cost.) in presenza di situazioni nelle quali l’illegittimità dell’atto è assolutamente palese e come tale percepibile dalla collettività.

In ogni caso l’autotutela non può espletarsi per motivi sui quali sia intervenuta una sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria.

 

L’interpello

Con legge 413/1991 è stato istituito il c.d. interpello, relativamente ad alcune fattispecie potenzialmente elusive (interpello speciale): si tratta del potere del contribuente di rivolgersi all’amministrazione perché essa dichiari la propria interpretazione di una determinata legge ritenuta incerta dal contribuente.

Il parere rilasciato dall’Amministrazione è vincolante per la stessa.

L’organo preordinato a tale funzione è il Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive.

Il Comitato consultivo è adito dal contribuente dopo che questi abbia preventivamente interpellato sulla questione l’Amministrazione, e non intenda adeguarsi al responso ricevuto.

La l. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) ha ampliato la portata dell’istituto con una procedura residuale (interpello ordinario): al contribuente è consentito formulare istanza di interpello alla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate rispetto a qualsiasi fattispecie in cui ricorra un’obiettiva condizione di incertezza sull’interpretazione di disposizioni relative a casi concreti e personali.

L’Amministrazione interpellata ha 120 giorni per formulare una risposta scritta, motivata e vincolante rispetto alla sola questione in oggetto, e se non risponde entro il termine si intende che essa concordi con la soluzione prospettata dal richiedente nella propria istanza.

L’Amministrazione può rettificare la propria risposta nei confronti del contribuente solo qualora questi non si sia ancora adeguato alla posizione espressa o non espressa (mediante silenzio-assenso): in tal caso essa può recuperare le imposte eventualmente dovute, ma non irrogare le sanzioni.

 

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