La legislazione decemvirale è caratterizzata da:

  • notevole estensione della repressione pubblica
  • spiccata tendenza a sottoporre a controllo statale l’arcaico regime della vendetta privata

Non mancano disposizioni volte riaffermare l’illiceità di alcuni fatti già perseguiti criminalmente in forza di norme preesistenti, regie o consuetudinarie: es. per l’omicidio involontario è rinnovata la sanzione della consegna di un ariete agli agnati dell’ucciso; per la frode commessa dal patrono ai danni del cliente persiste la consecratio del colpevole ad una divinità infernale; per la proditio, nelle due forme gravissime dell’incitare i nemici contro la patria e del consegnare al nemico un cittadino, è ribadita la pena di morte affermatasi nella prassi dell’esercizio della coercitio magistratuale.

Accanto a questi atti le 12 tavole contemplano una cospicua serie di nuove figure criminose che, in quanto suscettibili di ledere gli interessi della comunità o di recare offesa alla coscienza etico politica dei consociati, sono assoggettate a pubblica esecuzione.

Particolare importanza rivestono alcuni crimini lesivi del supremo interesse dei cittadini all’inviolabilità della giustizia, come la collusione del giudice o dell’arbitro con una delle parti in causa, sanzionata con la pena di morte oppure come la falsa testimonianza, repressa con la deiezione del colpevole dalla rupe Tarpea.

Energica è poi la repressione di alcuni fatti suscettibili di turbare il pacifico svolgimento delle attività agricole, le quali costituiscono un elemento di capitale importanza nella vita della società romana avente un’economia essenzialmente rurale, es. chi intenzionalmente incendia l’altrui di abitazione o i covoni di grano posti vicino ad essa viene bruciato sul rogo oppure chi maledice i raccolti o tenta di attrarre con incantesimi nel proprio campo le messi del vicino è punito con la morte.

Quest’ultima norma rispecchia una concezione ancora primitiva di cui si rinvengono tracce anche in altre disposizioni del codice decemvirale, nonché nelle statuizione concernenti la repressione dei sortilegi e delle pratiche di malaugurio, quali l’occentare e il malum carmen incantare, quali formule magiche dirette a provocare la morte di un uomo.

Le 12 tavole contemplano altre azioni delittuose, riconosciute come lesive dei diritti dei singoli, la cui repressione è pertanto lasciata all’iniziativa della parte lesa. La legislazione segna in questa materia un momento di transizione, in cui l’antico regime della vendetta privata è in ampia misura superato da quello delle composizioni volontarie, rimesse al libero accordo offensore e offeso.

Accanto ad esso si va delineando il nuovo sistema delle composizioni legali, fissate in una determinata somma di denaro per ciascun illecito. Significative appaiono le sanzioni previste per taluni atti di violenza fisica sulla persona, che in seguito saranno assorbiti nel concetto generale di iniuria.

  • per la lesione di una parte del corpo, membrum ruptum, è ammesso il taglione, salvo che le parti non si accordino per una composizione volontaria
  • negli altri casi la composizione è direttamente imposta dalla legge: per la frattura di un rosso in 300 o 150 assi, a seconda che l’offeso sia un libero uno schiavo; in 25 assi per gli atti di violenza fisica più lievi

Osservazioni analoghe si possono fare in materia di furto. In caso di furto flagrante la persecuzione si esercita a cura e sotto il controllo degli organi della civitas:

  • il ladro, se una persona libera, deve essere fustigato e attribuito al derubato
  • se è schiavo, fustigato è precipitato dalla rupe Tarpea

Se il ladro, sorpreso a rubare di notte o di giorno, si sia difeso a mano armata, il derubato, invocati in suo soccorso e a testimonianza dell’accaduto i vicini, può addirittura ucciderlo: la situazione di pericolo determinata dal tempo notturno e dall’uso delle armi è riconosciuta come causa di giustificazione dell’omicidio.

Per il furto flagrante la composizione è volontaria, mentre diventa legale per il furto non flagrante, per il quale il ladro è tenuto a pagare al derubato, a titolo di pena,1 somma pari al doppio del valore della cosa rubata.

Per il furto in cui la refurtiva sia scoperta alla presenza di testimoni nell’abitazione del sospettato, e nel caso in cui essa sia rinvenuta presso un terzo di buona fede, che è quindi legittimato ad agire di furto contro chi gliel’ha trasmessa, la pena prevista è invece il pagamento di una somma pari al triplo del valore della cosa rubata. Alla stessa pena del ladro non manifesto sono assoggettati il depositario infedele e il tutore responsabile di dolose sottrazioni ai danni del pupillo.

Con la pena del quadruplo è punito l’usuraio che abbia prestato denaro ad un tasso superiore al massimo legale, fissato nel 100% annuo.

Sono colpite con sanzione pecuniaria alcune particolari ipotesi di danno arrecato alle cose, come l’abbattimento di alberi altrui, il pascolo abusivo sull’altrui fondo e i danni causati da quadrupedi domestici senza colpa dell’uomo: su questi due illeciti non c’è pervenuta notizia sull’ammontare delle pene.

Viene così delineandosi la fondamentale distinzione del diritto penale Romano dell’età classica tra:

  1. delitti pubblici perseguiti dallo Stato per mezzo degli organi investiti della giurisdizione criminale e sanzionati con pena pubblica, corporale o pecuniaria
  2. delitti privati, perseguiti dall’offeso nella forma del processo privato e sanzionati con pena privata, sempre pecuniaria, dovuta esclusivamente alla parte lesa.
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