Vacca precisa subito che il richiamo del diritto dei giuristi romani come metodo del “case law” anglosassone può aver solo valore strumentale (non comparativistico): infatti i 2 sistemi si sviluppano connessi a circostanze storiche e presupposti logici estranei l’un dall’altro e anche le tecniche di produzione del diritto e di costruzione della scienza giuridica operano secondo modalità diverse (esempio: i casi tipizzati e astratti in un opera di Ulpiano sono distanti da una raccolta di sentenze dei Law Reports). Tuttavia va però fatta un’analisi. Innanzitutto, i giuristi anglo-americani individuano facilmente nel diritto romano la presenza di certe categorie generali di ragionamento comuni al loro sistema (esempio: il significato delle “regulae iuris”, dell’equità, della consuetudine, in rapporto all’attività interpretativa dei giuristi ovvero il significato dell’interpretatio iuris, per cui i giuristi sono i veri “oracoli del dir”). Questi discorsi rischiano di restare però generici: Vacca ci dice però che la struttura del diritto casistico è collegata ad un modo di procedere che nella sua essenza è contrapposto alla costruzione di un sistema di norme. Il ragionare “from case to case” significa in realtà partire dalle caratteristiche del caso (come fattispecie concreta) per determinare la soluzione giusta. In realtà ciò è fatto anche dal giurista romano: egli compie una sorta di distinguo, individuando nei casi concreti gli elementi rilevanti per la decisione (in questo senso la nascita della giurisprudenza come scienza può collegarsi al momento in cui le sue formulazioni raggiungono un tal grado di astrazione da permettere di separare gli elementi che possono influire sulla decisione da quelli meramente contingenti: ma questa astrazione porta ad individuare elementi che “probabilmente” potranno esser utili alle soluzioni future, ma per loro stessa natura essi non pretendono di esaurire i criteri di soluzione adottabili dai giureconsulti).