A dimostrazione del carattere garantista del nostro modello procedimentale, in capo al giudice grava l’obbligo di disporre una perizia medica, ogni qual volta vi sia il dubbio che il soggetto imputato non sia in grado di esercitare il suo diritto all’autodifesa, così come garantitogli dalla Costituzione (art. 70 co. 1). A tale principio fa eccezione l’ipotesi in cui possa essere emessa sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento.

In caso contrario, qualora dalla perizia risulti la positività dei dubbi avanzati, il giudice deve disporre con ordinanza la sospensione del processo (art. 71 co. 1). Con riferimento a tale ordinanza, occorre precisare che essa è ricorribile per Cassazione da parte del pubblico ministero, dell’imputato, del suo difensore e del curatore speciale nominato (co. 3) e che deve contenere la nomina di un curatore speciale (co. 2).

Per prevenire il fenomeno degli eterni giudicabili, il l’art. 72 co. 1 prevede la possibilità per il giudice di ordinare ogni sei mesi una perizia tesa ad accertare lo stato psichico dell’imputato. Qualora da una di queste perizie risulti che sia venuta meno la condizione di incapacità al procedimento, la sospensione viene revocata (co. 2).

Durante il periodo della sospensione, comunque:

  • il giudice assume le prove che possono condurre al proscioglimento dell’imputato e, quando vi sia pericolo nel ritardo, ogni altra prova richiesta dalle parti (art. 70 co. 2);
  • se la perizia viene disposta durante le indagini preliminari, il pubblico ministero può compiere i soli atti che non prevedano la partecipazione dell’indagato (art. 70 co. 3).
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