La nozione di persona offesa è stata dilatata mediante il riconoscimento di tale status a soggetti che non sono titolari del bene giuridico tutelato dalla norma penale. È stato reso più incisivo il ruolo della persona offesa, che al pari dei soggetti ad essa assimilati, ottiene, da un lato, l’attribuzione di maggiori poteri, dall’altro la rimozione del limite che comprimeva la sua sfera d’azione all’interno della fase procedimentale. È opportuno operare in modo da tenere ben distinta la posizione della persona offesa da quella della parte civile. L’operazione del legislatore può dirsi però riuscita solo sul piano delle indagini preliminari.

Diritti e facoltà della persona offesa

L’art. 90 comma 1 rinvia ai diritti e alle facoltà della persona offesa garantiti da specifiche previsioni legislative, e contestualmente puntualizza che, a prescindere da tali attribuzioni, l’offeso dal reato è legittimato, in via generale, a presentare memorie e, con esclusione del giudizio di cassazione, a indicare elementi di prova. Anche relativamente alla persona offesa si pone la questione della capacità processuale: i minori infraquattordicenni e gli interdetti per infermità di mente devono essere rappresentati dai genitori e dal tutore, mentre, trattandosi di minore ultraquattordicenne o inabilitato, la legittimazione a esercitare diritti e facoltà spetta tanto al diretto interessato quanto ai genitori, al tutore, al curatore. La legge autorizza ma non obbliga costui a nominare un difensore.

Deceduta, in conseguenza del reato, la persona offesa, i diritti e le facoltà riservati dal codice di rito a tale soggetto sono attribuiti ai suoi prossimi congiunti; se la morte non è conseguenza del reato, i prossimi congiunti possono entrare a far parte del processo penale solo costituendosi parte civile a patto che siano eredi del defunto.

Gli enti e le associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato.

Esistono reati che violano interessi collettivi o diffusi; se risultano rispettati taluni requisiti, gli enti e le associazioni aventi finalità di tutela degli interessi lesi dal reato possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato.

Se risultino integrati i requisiti dell’art. 91, l’ente collettivo può partecipare al processo in veste di accusatore privato al fianco della persona offesa disposta ad accettare il suo intervento. Nonostante la perentoria equiparazione operata dall’art. 91, la coincidenza di poteri tra persona offesa e la sua eventuale appendice. L’art. 91 prevede dei requisiti in capo all’ente: la mancanza di scopo di lucro, il riconoscimento in forza di legge di finalità di tutela degli interessi lesi dal reato anteriore al fatto. L’art. 92 inoltre prevede il costante consenso della persona offesa, da presentare con atto pubblico o scrittura privata autenticata. È prevista la revoca con le stesse forme previste per la presentazione, in qualsiasi momento dell’iter processuale, fermo restando che dopo la revoca è preclusa la possibilità di essere nuovamente fiancheggiati da uno degli enti di cui all’art. 91.

Ancorchè l’ente possa svolgere all’interno del processo il ruolo ausiliario che gli compete è indispensabile che il suo difensore, munito di procura speciale, presenti all’autorità procedente un atto di intervento – da notificare alle parti quando la presentazione non avviene in udienza – il cui contenuto deve essere conforme, a pena di inammissibilità, alle indicazioni risultanti dall’art. 93 comma 1. Ai fini della legittimatio ad processum, occorre anche che venga presentata la dichiarazione di consenso della persona offesa, nonché la procura al difensore, qualora la stessa sia stata conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, qualora la stessa sia stata conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Anche per quanto concerne questo soggetto l’intervento produce i suoi effetti in ogni stato e grado del procedimento, salva l’ipotesi di una successiva estromissione dell’ente collettivo. Vi sono limiti temporali per l’intervento dell’ente collettivo, con riferimento al termine finale l’intervento non può avvenire dopo che si è conclusa la fase del dibattimento dedicata alla verifica della regolare costituzione delle parti; con riferimento al termine iniziale, invece, l’intervento dell’ente può anche collocarsi nella fase delle indagini preliminari.

Il giudice con ordinanza può estromettere l’ente collettivo anche ex officio se riscontri un motivo di inammissibilità o un vizio attinente alla capacità processuale del soggetto intervenuto. In caso di opposizione di parte, l’opponente deve notificare entro 3 giorni la dalla data di notificazione la dichiarazione scritta di opposizione al rappresentante legale dell’ente collettivo, in modo da consentire a quest’ultimo di presentare entro 5 giorni le sue controdeduzioni.

Gli enti e le associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato

L’art. 91 prevede in capo agli enti e le associazioni senza scopo di lucro – ai quali anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede siano state riconosciu-te, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato – la possibilità di esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato. Da ciò si ricava che l’ente è un soggetto del procedimento e non può diventare parte. Infatti l’ente non è titolare dell’interesse loso, bensì è un rappresentante politico di tale interesse. L’esercizio dei diritti e delle facoltà spettanti agli enti esponenziali è subordinato al consenso della persona offesa.

Il consenso deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata e può essere prestato a non più di uno degli enti o delle associazioni. Il consenso può essere revocato in qualsiasi momento: la persona offesa che ha revocato il consenso non può prestarlo successivamente né allo stesso né ad altro ente o associazione. Come detto l’ente rappresentativo dell’interesse leso non può chiedere al giudice una decisione in accoglimento di una propria domanda, né può presentare conclusioni nell’udienza preliminare o in dibattimento. Ha i medesimi poteri della persona offesa ed, in più, il difensore che lo rappresenta può partecipare all’udienza preliminare e al dibattimento: in tale sede può chiedere al presidente di rivolgere domande alle persone sottoposte ad esame incrociato e può altresì chiedere l’ammissione di nuovi mezzi di prova (art. 505).

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