Il sostituto del difensore

Il difensore — sia esso di fiducia o di ufficio — a nominare un sostituto (art. 102 comma 1°). Affinché sia efficace, la designazione deve essere portata a conoscenza dell’autorità procedente con le stesse forme indicate nell’art. 96 comma 2° per la nomina del difensore dell’imputato (art. 34 disp. att.). Spetta dunque al difensore nominare il sostituto, fatta eccezione per le ipotesi prese in considerazione dall’art. 97 comma 4°, dove è previsto che provveda alla designazione il giudice ovvero il pubblico ministero o la polizia giudiziaria. Quanto ai poteri del sostituto, indubbio che la sostituzione non incide sulla titolarità dell’incarico difensivo, fermo restando tuttavia che il difensore sussidiario esercita i diritti e assume i doveri del difensore impedito (art. 101 comma 2°).

 

Le garanzie di libertà del difensore

Il diritto di difesa necessita di un adeguato scudo normativo che ponga, a vantaggio del difensore, precisi limiti ai poteri investigativi degli organi inquirenti.

Le ispezioni e perquisizioni negli uffici dei difensori sono consentite solo in due ipotesi: quando il difensore o altre persone che svolgono stabilmente la loro attività nel suo ufficio sono imputati (o indagati) o quando si tratti di rilevare tracce o altri effetti materiali del reato ovvero di ricercare cose o persone specificamente predeterminate.

Carte e documenti relativi all’oggetto della difesa possono essere sequestrati solo quando costituiscano corpo del reato.

A pena di nullità l’autorità giudiziaria deve comunicare il compimento di tali operazioni al locale consiglio dell’ordine per consentire al presidente o un suo delegato di partecipare. Possono effettuare tali operazioni di persona, senza possibilità di delegarle alla polizia giudiziaria, solo il giudice, o nelle indagini preliminari il pm.

È anche previsto il divieto di sequestro e di ogni altra forma di controllo per la corrispondenza e le conversazioni tra l’imputato e il difensore, sempre che non si tratti di corpo del reato.

L’inosservanza dei divieti comporta l’inutilizzabilità dei risultati delle operazioni.

 

Il colloquio del difensore con l’imputato privato della libertà personale

La legge delega ha riconosciuto all’imputato il diritto di avere il primo colloquio col difensore immediatamente e comunque non oltre 7 giorni dal momento in cui è stato eseguito il provvedimento limitativo della libertà personale.

Il difensore deve essere informato dell’avvenuta esecuzione della misura restrittiva e ha altresì il diritto di accedere ai luoghi in cui la persona si trova detenuta.

In presenza di eccezionali ragioni di cautela il colloquio può essere differito ma non oltre 5 giorni, ciò viene deciso dal giudice se si tratti di una misura cautelare con decreto motivato, se invece la misura è pre-cautelare il pm può dilazionare il colloquio finchè l’arrestato o il fermato è posto a disposizione del giudice.

 

L’abbandono della difesa e il rifiuto della difesa d’ufficio

L’art. 105, comma 1 riconosce al consiglio dell’ordine forense la competenza esclu-siva per le sanzioni disciplinari relative ai casi di abbandono della difesa o di rifiuto della difesa d’ufficio. In tali ipotesi il difensore viola una norma deontologica; di conseguenza sarà attivato un procedimento disciplinare presso il consiglio dell’ordine, che potrà irrogare sanzioni.

L’art. 105, comma 3, dispone che se l’abbandono o il rifiuto sono motivati da vio-lazioni del diritto di difesa e il consiglio dell’ordine li ritiene giustificati, la sanzione non si applica, anche se il giudice ha escluso la sussistenza di tale violazione. Si tratta di una norma importante, poiché conferma l’indipendenza dell’ordine forense rispetto all’ordine giudiziario.

 

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