Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona è stato ri-disegnato il ruolo della Corte di Giustizia UE sia per effetto dei nuovi rapporti tra l’Unione stessa e le Carte dei diritti umani, sia per l’estensione delle sue competenze al settore dello “Spazio di libertà, sicurezza e giustizia” (vecchio terzo pilastro del Unione).

La Corte di Giustizia ha assunto il ruolo di giudice supremo per i diritti fondamentali dell’Unione, rafforzato anche grazie all’adesione dell’Unione alla C.e.d.u. Ciò ha comportato l’intersecarsi di inediti rapporti tra Corte di Giustizia UE e Corte europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

La Corte di Giustizia ha il compito di assicurare il rispetto dei diritti nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati e delle disposizioni europee. A tal fine è possibile che la stessa sia adita in via pregiudiziale dai giudici interni di ciascuno Stato membro con la finalità di garantire la legalità nell’applicazione e nell’interpretazione del diritto dell’Unione.

La verifica pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia ha il suo fondamento nel principio del “primato del diritto dell’Unione Europea”, rafforzato dall’obbligo di interpretazione conforme della normativa nazionale rispetto a direttive e decisioni quadro, anche a prescindere dall’effettivo recepimento di queste ultime con legge interna.

In ambito penale i giudici comunitari hanno stabilito che una condanna penale inflitta in forza di una legge interna contrastante con il diritto comunitario, è anch’essa incompatibile con il diritto comunitario.

In ogni caso, sulla base dei principi di certezza del diritto e irretroattività e legalità della pena, l’operatività dei principi di applicazione del diritto comunitario e di interpretazione conforme, in materia penale, è limitata ad operare in bonam partem.

Il rinvio pregiudiziale da parte del giudice interno è considerato obbligatorio quando si tratti di organo di ultima istanza è, invece, facoltativo per le altre categorie di giudici nazionali. Qualora la questione riguardi una persona in stato di detenzione la procedura di rinvio è accelerata e la Corte deve statuire il più rapidamente possibile.

A livello procedurale, la verifica pregiudiziale viene attivata su richiesta delle giurisdizioni nazionali ed è il giudice interno a poter o a dover domandare alla Corte di pronunciarsi su una determinata questione. I giudici di Lussemburgo sono titolari di un autonomo potere di valutazione sulla natura dell’organo che effettua il rinvio, anche a prescindere dalle qualificazioni interne offerte dai singoli Stati.

A livello interno la Corte costituzionale italiana è organo legittimato a proporre la questione pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia sia nei giudizi di legittimità costituzionale promossi in via principale, che in quelli promossi in via incidentale.

Rimane ferma la legittimazione degli altri organi giurisdizionali che esercitano la loro funzione nel procedimenti penali.

Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo può essere effettuato sia motu proprio dal giudice, che su istanza di una parte processuale.

Se si tratta di questione interpretativa già decisa dalla Corte europea, o non pertinente, il rinvio pregiudiziale può essere evitato o negato.

Nel caso di accertamento di validità degli atti comunitari, se la questione si pone innanzi ad un giudice di ultima istanza, il rinvio pregiudiziale è obbligatorio, non essendo i giudici interni competenti ad accertare direttamente l’invalidità di atti delle istituzioni comunitarie.

Ad ogni modo, rappresenta una violazione del principio del processo equo la negazione del rinvio pregiudiziale, sollecitato da istanza di parte, con atto immotivato del giudice di ultima istanza. L’attivazione del procedimento di verifica pregiudiziale da parte del giudice nazionale avviene, a livello interno, attraverso la pronuncia di un’ordinanza con la quale, riferiti i termini ed i motivi dell’istanza con cui è stata sollevata o rilevata d’ufficio la questione, si dispone la trasmissione immediata degli atti alla Corte di Giustizia sospendendo il processo in corso.

L’ordinanza di rinvio del giudice nazionale deve contenere gli elementi di fatto e di diritto delle questioni sollevate e la fondatezza delle ipotesi su cui tali questioni sono fondate. Il giudice nazionale deve indicare i motivi della scelta delle disposizioni comunitarie di cui si chiede l’interpretazione e il nesso tra quelle disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia al fine di permettere alla Corte di dare l’interpretazione che gli consenta di valutare la compatibilità di norme di diritto interno con la normativa comunitaria, nonché consentire ai governi degli Stati membri e alle altre parti interessate di presentare osservazioni.

Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia presuppone che la questione interpretativa riguardi norme dell’Unione e che tale questione sia rilevante ai fini della decisione e che sussistano effettivi dubbi sulla interpretazione. Esula quindi dalla competenza della Corte l’interpretazione del diritto nazionale.

È necessario, ai fini della ricevibilità dell’atto di rinvio, che il quesito posto sia sufficientemente preciso. La pronuncia in via pregiudiziale che la Corte emette rappresenta una massima ed autorevole indicazione

dalla quale partire ai fini dell’interpretazione dell’diritto dell’Unione e, in quanto tale, spiega effetti più ampi rispetto ai confini del processo di rinvio. La decisione pregiudiziale vincola non solo il giudice del grado in cui si trova il processo al momento del rinvio, ma altresì quelli dei gradi successivi.