A norma dell’ art. 24, 2° co. Cost., il diritto di difesa è inviolabile in ogni stato e grado del procedimento (quindi, anche nella fase delle indagini preliminari).

In questa prospettiva, deve essere, innanzitutto, garantita la cd. difesa materiale dell’ imputato (o autodifesa): ciò sta a significare, in primis, che l’ imputato ha il diritto di partecipare personalmente al processo in ogni sua fase; la personale partecipazione, in ogni caso, è un diritto dell’ imputato, non un dovere; per cui è riconosciuta la scelta difensiva di restare contumace.

All’ imputato, poi, è consentito di prendere la parola in ogni stato del dibattimento, per rendere dichiarazioni da verbalizzare, così come gli è riservata l’ ultima parola, prima che il giudice si ritiri per la deliberazione. Inoltre, da un lato, egli può chiedere di essere sottoposto ad esame, dall’ altro può non prestare il consenso al suo esame richiesto dalle altre parti. In ogni caso, egli può rifiutarsi di rispondere ad una o a tutte le domande che gli vengono poste (non solo: ove scelga di rispondere, in virtù dell’ antico brocardo nemo tenetur se detegere, egli non è mai tenuto a dire la verità, a differenza di quanto è previsto per i testimoni, per i quali, invece, il mendacio è sanzionato penalmente).

La difesa materiale, però, da sola, non è sufficiente a garantire una reale situazione di parità tra le parti nel processo; per realizzare ciò è necessario che, di fronte ad un attore altamente qualificato (il pubblico ministero), ci sia un convenuto (l’ imputato) che sia assistito da un difensore munito delle capacità tecniche necessarie ad assicurare le ragioni e i diritti della parte privata e che si trovi in una situazione soggettiva di sufficiente distacco, che gli consenta di confrontarsi con il rappresentante dell’ ufficio del pubblico ministero in un’ effettiva posizione di parità (cd. difesa tecnica).

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