A) inerzia del convenuto e sue conseguenze

Premessa. C’è distinzione tra “questione” e “causa”. Il giudice non decide quindi nulla, se non c’è una causa. Per trasformare una questione in causa serve: domanda o espressa previsione di legge (es. cc. Art 124: la validità del primo matrimonio non può esser risolta come una mera questione, deve esser preventivamente giudicata)

Egli entra nel processo quando l’attore ne ha già determinato l’oggetto. Quindi rispetto al convenuto, il problema concreto della disponibilità della tutela, si pone con riferimento a questo oggetto predeterminato e ai relativi limiti: in linea di massima, il convenuto deve rimanere nell’ambito dell’oggetto sostanziale del processo determinato dall’attore, con la proposizione della domanda. C’è però da dire che il diritto alla tutela del convenuto è autonomo e disponibile: per questo motivo egli se vuole può anche “rimanere inerte” o “contumace (in pratica lascia che si svolga il processo, senza prendere iniziative, in linea di fatto. Invece, in linea di diritto, egli diventa “parte” per il solo fatto di esser stato regolarmente citato. Quindi il giudice può prendere provvedimenti nei suoi confronti, anche se egli sta in stato di inerzia, proprio perchè se voleva, poteva difendersi). La libertà piena del convenuto di partecipare o meno attivamente al processo si completa poi col dato che l’inerzia non è sufficiente per condurre all’automatico accoglimento della domanda dell’attore (tranne alcuni casi in cui la legge prevede il contrario: es. 663 C.P.C.). L’inerzia del convenuto chiaramente in linea pratica potrà giovare l’attore e nuocere il convenuto, in quanto l’attore avrà più facilità nel determinare il convincimento del giudice sia in diritto che in fatto.

B)La partecipazione attiva del convenuto, nei limiti della domanda e dell’oggetto del processo

Nella maggior parte dei casi il convenuto svolge un ruolo attivo. Una sua propria domanda non può non riferirsi alla domanda dell’attore: cioè il convenuto chiederà di solito il rigetto della domanda dell’attore (ma anche di “accoglimento” o di “remissione al giudice”). La domanda di rigetto è anche essa esercizio d’un’azione, in quanto chiedendo il rigetto, il convenuto chiede l’accertamento negativo circa un diritto vantato dall’attore. Con la sua richiesta il convenuto esercita un’azione di accertamento mero negativo, in risposta alla situazione di vanto dell’attore (rimanendo però nell’ambito dell’oggetto del giudizio determinato dall’attore). Il convenuto potrebbe semplicemente limitarsi a proporre la domanda di rigetto: ma logicamente a sostegno di questa azione di segno opposto può svolgere attività difensiva, argomentando in diritto (questa attività però non influisce sull’ambito del giudizio e non tocca neppur indirettamente i poteri del giudice in quanto “jura novit Curia”) o contestando i fatti costitutivi e/o lesivi affermati dall’attore (allegazione negativa”. Il convenuto svolge argomentazioni a sostegno della sua allegazione es. un testimone si è contraddetto) anche con l’offerta di mezzi di prova (ex 115 C.P.C. che dispone questa possibilità per ambo le parti). Alla luce di ciò quindi il convenuto non influisce sicuramente sull’oggetto del giudizio, ma indirettamente influisce sui poteri del giudice (perchè si avvale della disponibilità di prove che è sua come dell’attore).

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