La disciplina delle azioni cautelari è contenuta principalmente nel capo 3° del 4° libro del codice anche se va detto che vi sono molti provvedimenti cautelari previsti sia dal c.c. sia dalla legislazione speciale. L’azione cautelare è subordinata essenzialmente a due condizioni:

1) la dimostrazione che il diritto sostanziale che si vuole cautelare molto probabilmente esiste: cosiddetto Fumus boni iuris

2) la prova che durante il tempo necessario per ottenere un provvedimento definitivo si possono verificare dei pregiudizi alla situazione giuridica o di fatto del soggetto interessato al provvedimento: cosiddetto Periculum in mora

Queste due condizioni si coordinano con la funzione dell’azione la quale pertanto tende all’emanazione di provvedimenti che hanno lo scopo di assicurare la situazione di fatto e di diritto così com’è attualmente in vista del futuro provvedimento definitivo. L’indagine del giudice in ordine all’esistenza del diritto che s’intende proteggere è necessariamente sommaria dato che altrimenti il procedimento cautelare coinciderebbe con quello di merito. Il giudice infatti dovrà limitarsi ad accertare che il diritto ha buone possibilità di essere riconosciuto esistente dal giudice della cognizione e dovrà rendersi conto che il pericolo che il ricorrente afferma di correre durante il processo ordinario esiste realmente e cioè che è probabile che si abbiano i temuti mutamenti della situazione materiale e/o giuridica.

Come è facile intuire l’azione cautelare è un’azione astratta in quanto non è collegata alla piena prova del diritto per cui assume rilievo preminente come condizione della tutela l’interesse ad agire. Il procedimento cautelare è stato modificato dalla legge del 90 n. 353 la quale ha lasciato immutata solo la disciplina dei provvedimenti d’istruzione preventiva. Tale procedimento prevede:

1) che la domanda si propone con ricorso

2) che la competenza spetta al giudice competente per il merito in caso di richiesta ante causam ovvero al giudice investito del merito in caso di richiesta in corso di causa

3) che il provvedimento di rigetto implica la condanna alle spese

4) che il provvedimento positivo è modificabile e revocabile

5) che in caso di richiesta ante causam è necessario iniziare il giudizio di merito entro un termine perentorio

6) che contro il provvedimento di accoglimento o di rigetto è proponibile reclamo al giudice superiore

7) che il provvedimento di accoglimento perde efficacia ove il giudizio di merito non sia iniziato ovvero si estingua o si concluda con sentenza anche non passata in giudicato che dichiari l’inesistenza del diritto per il quale la cautela era stata concessa

Tra i provvedimenti cautelari meritano di essere ricordati i sequestri e i provvedimenti d’urgenza. Tra i sequestri i più noti sono:

1) il sequestro giudiziario che può essere ordinato quando è controversa la proprietà o il possesso dei beni ed è quindi strumentale al processo di cognizione. Esso comporta la nomina di un custode del bene controverso e la predisposizione di misure per impedire che atti materiali di disposizione pregiudichino il sequestrante.

2) il sequestro conservativo che può essere chiesto da chi assume di essere creditore e di avere fondato motivo di perdere la garanzia del proprio credito. Tale provvedimento che è strumentale ad un futuro processo di esecuzione si concreta sostanzialmente in una sorta di anticipazione degli effetti del pignoramento.

Per quanto riguarda invece i provvedimenti d’urgenza va detto che essi possono essere concessi alle seguenti condizioni:

1) quando non è possibile il ricorso ad altra misura cautelare (hanno cioè carattere sussidiario)

2) quando si ha il fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria questo sia minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile

Il carattere sussidiario e le condizioni richieste per i provvedimenti d’urgenza dimostrano che il legislatore ha pensato ad essi come ad una specie di valvola di sicurezza a cui fare ricorso solo in casi eccezionali. Poiché tuttavia il nostro sistema processuale non ha mai funzionato bene e la lunghezza dei tempi processuali è divenuta esasperante alcune applicazioni pratiche dell’art 700 c.p.c. hanno contribuito a trasformare un rimedio pensato dal legislatore come cautelare in un procedimento sommario per cui è necessario fissare bene la linea di demarcazione tra i due provvedimenti. Abbiamo detto che caratteristiche delle azioni cautelari sono:

a) una cognizione superficiale o una valutazione di mera probabilità del diritto che si vuole cautelare

b) la predisposizione di misure conservative dell’attuale situazione di fatto o di diritto o addirittura l’anticipazione in tutto o in parte della tutela ordinaria

c) la mancanza di autonomia dei relativi provvedimenti dato che essi o si risolveranno o si convertiranno integralmente nel provvedimento ordinario o verranno meno per le vicende processuali successive

I provvedimenti sommari invece sono conclusivi di un autonomo procedimento che non si svolge secondo il modello normale bensì secondo un modello semplificato al quale può ma non deve necessariamente seguire un processo a cognizione piena. Si pensi ad es. all’art 28 dello statuto dei lavoratori secondo il quale gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali possono presentare in caso di condotta antisindacale del datore un ricorso al pretore il quale nei due giorni successivi convocate le parti e assunte sommarie informazioni se lo ritiene opportuno emana decreto motivato ed immediatamente esecutivo con il quale concede la cautela.

Entro 15 giorni la parte interessata può proporre ricorso al pretore il quale decide con sentenza immediatamente esecutiva altrimenti in caso di mancata opposizione il decreto resta fermo e diviene immutabile. Come è facile intuire la differenza rispetto al procedimento cautelare non è data dal tipo di cognizione che anche in questo caso è sommaria e superficiale ma nella disciplina del provvedimento conclusivo che nel procedimento sommario ha l’attitudine a diventare stabile. I provvedimenti sommari si distinguono in:

1) necessari quando la parte interessata deve e non può fare ricorso alla procedura semplificata come ad es. nel caso dell’art 28 dello statuto dei lavoratori o nel caso di sentenza dichiarativa di fallimento

2) non necessari quando la parte interessata può scegliere tra procedura semplificata o procedura ordinaria ad es. il creditore in possesso di cambiale può fare ricorso sia alla procedura monitoria sia all’azione ordinaria di condanna

Dai provvedimenti cautelari vanno tenuti distinti anche i provvedimenti interinali i quali si caratterizzano per i seguenti aspetti:

1) sono emanati nel corso di un processo a cognizione piena

2) sono fondati su una cognizione che allo stato degli atti è sufficiente a far accogliere in tutto o in parte la domanda

3) possono essere sempre revocati ove l’istruttoria successiva porti ad una modificazione del convincimento del giudice

Come è facile intuire tali provvedimenti essendo basati sulla tecnica dell’anticipazione dovrebbero essere assorbiti da quelli che concludono l’ordinario processo di cognizione e venir meno qualora il processo ordinario non si concluda con una sentenza di merito (esempi sono le ordinanze ex art 423 per il pagamento delle somme non contestate o nei limiti in cui si ritenga raggiunta la prova). A nostro modo di vedere l’unica differenza rispetto ai provvedimenti cautelari è data dal fatto che i provvedimenti interinali sono fondati su una cognizione allo stato degli atti la quale però non sempre è distinguibile nella realtà da una cognizione sommaria o superficiale.

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