Premessa. Il 75 non dice nulla di concreto: esso rinvia alle norme rilevanti comma per comma.

Se la parte (che per esser tale basta che proponga la domanda) ha anche legittimazione ad agire (legitimatio ad causam) e quindi la titolarità dell’azione, si dice che è “parte legittimata” o “giusta parte”. Analogamente, se la parte ha il potere di proporre la domanda (o più esattamente, già lo aveva prima di proporla), essa assume una “legittimazione processuale” (legitimatio ad processum). Essa non è uguale alla legittimazione ad agire (con essa si risolve nella titolarità dell’azione), mentre la legittimazione processuale dipende a un requisito anteriore alla proposizione della domanda cioè un “presupposto processuale”. Sinteticamente la legittimazione processuale è la posizione soggettiva di chi, essendo titolare del potere di proporre o ricevere la proposizione di una domanda, diviene a seguito di questo potere titolare della serie ulteriore dei poteri processuali. Il 75 C.P.C. non usa l’espressione “legittimazione processuale” , ma si riferisce ad essa parlando al dicendo che “sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere” e agganciando questo discorso alla “capacità processuale” con cui è rubricato l’art: questo tipo di capacità è sinonimo dell’espressione “capacità di stare in giudizio” (capacità di agire: quindi i maggiorenni) ( o “libero esercizio dei diritti”). Con la nozione di capacità processuale, essa intende sia la capacità fisiopsichica del soggetto che la sua titolarità del potere di proporre la domanda (o resistere ad essa). Secondo Mandrioli però il legislatore ha fatto questo lavoro, credendo di potersi limitare a compiere un’estensione al processo del concetto di capacità, ma non si è accorto che già entrava nel campo della legittimazione processuale. Ne è risultata allora una norma involuta e confusa in cui si adombrano 2 concetti: quello della capacità processuale (intesa come riferimento al processo della capacità di agire) e quello della legittimazione processuale ( o potere di stare in giudizio). L’uno dipende dall’altro: nella lettera della norma sembra predominare il primo, che anzi vorrebbe esser il solo; ma nella logica e nella ratio predomina il secondo. Nei commi successivi dell’art 75 e del 77, si indicano i soggetti che possono stare in giudizio, nel senso che hanno legittimazione processuale.

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