L’art. 53 co. 1 dispone che non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso oppure ordina di fare uso delle armi, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità e comunque (aggiunta da l. n. 152 del 1975) di impedire al consumazione dei delitti di strage, di naufragio, di sommersione, di disastro aviatorio o ferroviario, di omicidio volontario, di rapina a mano armata o di sequestro di persona . L’art 53 co. 3 richiama gli altri casi in cui la legge autorizza, entro certi limiti, l’uso delle armi o di altri mezzi di coazione fisica (es. espatrio clandestino, evasione).

La scriminante introdotta dall’art. 53 co. 1 non si presenta in linea con la tradizione giuridica italiana, che fino al codice del 1889 era stata propensa ad un regime paritario, in materia di scriminanti, tra cittadini ed autorità pubblica. Dal codice del 1930, tuttavia, la scriminante venne introdotta col dichiarato scopo di porre fine alle incertezze giurisprudenziali sul come giudicare l’uso delle armi contro le ribellioni all’autorità (autoritarismo). Tale scriminante, quindi, è propria dei pubblici ufficiali, e in particolare degli appartenenti alla forza pubblica (polizia, carabinieri, guardia di finanza, militari in servizio di pubblica sicurezza). L’art. 53 co. 2, equiparando al pubblico ufficiale la persona che, da lui legalmente richiesta, gli presti assistenza, sancisce una riserva di competenza dei pubblici ufficiali circa il ricorso ai mezzi coercitivi.

Lo scopo dell’art. 53 è assicurare l’adempimento dei pubblici doveri, che attiene al buon andamento del p.A. (art. 97 Cost.). Il pubblico ufficiale, infatti, deve usare od ordinare di usare le armi soltanto al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, e quindi deve trovarsi nello svolgimento di un’attività doverosa e non meramente facoltativa. L’esplosione di un certo tipo di criminalità, comunque, ha portato ad aggiungere le nuove ipotesi di cui alla l. del 1975, la quale, nella sua non chiara formulazione, sembra aver inteso affermare (col comunque ) che l’uso delle armi è legittimo, pur in assenza di violenza o resistenza all’Autorità:

  • durante l’iter dei gravi delitti elencati, e non oltre la loro consumazione.
  • sempre che vi sia la necessità dell’azione armata impeditiva e la sua non sostituibilità con un altro mezzo di intervento meno offensivo.

L’uso legittimo delle armi si incentra su due poli:

  • la situazione impediente l’adempimento del dovere, la quale deve concretarsi:
    • in una violenza sensu lato, comprendente la violenza fisica e quella psichica.
    • in una resistenza all’Autorità.

Tali situazione devono chiaramente essere attuali, perché altrimenti non ci sarebbe la necessità di usare le armi.

  • la reazione eliminante la violenza o la resistenza che impediscono l’adempimento del dovere. Tale reazione, comunque, deve presentare tre requisiti:
    • la necessità di fare uso delle armi o degli altri mezzi coercitivi, dovendo il pubblico ufficiale trovarsi nell’alternativa di vincere la resistenza con le armi o di non adempiere al proprio dovere.
    • l’inevitabilità altrimenti del fatto ostativo, ossia non con mezzi coercitivi meno offensivi di quelli usati.
    • la proporzione tra il bene leso e quello che l’adempimento del dovere d’ufficio tende a soddisfare. Tale proporzione, quindi, sussiste quando l’uso delle armi non lede un interesse avente, per l’attuale ordinamento, maggior valore di quello soddisfatto con l’adempimento del dovere.

La scriminante in esame si differenzia:

  • dalla legittima difesa, con la quale si pone in un rapporto di incompatibilità, perché:
    • nella legittima difesa la violenza può essere rivolta anche ad un pubblico ufficiale non nell’adempimento di un dovere d’ufficio.
    • nell’uso legittimo delle armi il pubblico ufficiale deve essere nell’adempimento di un dovere d’ufficio e la violenza deve sostituire un ostacolo all’adempimento di tale dovere.
    • dall’adempimento del dovere, con il quale si pone in un rapporto di sussidiarietà, perché:
      • entrambe le scriminanti hanno in comune un sottostante dovere d’ufficio da adempiere.
      • l’art. 51 scrimina solo il fatto costituente oggetto del dovere di adempiere, mentre l’art. 53 scrimina anche l’uso del mezzo coercitivo necessario per l’adempimento.
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