Il dolo consta di 2 elementi psicologici:

  • Rappresentazione (coscienza o conoscenza o previsione)
  • Volontà.

Le due categorie sono concettualmente distinguibili, ma vanno considerate in reciproco rapporto, dal momento che una volontà non accompagnata dall’elemento intellettivo finirebbe con l’essere cieca.

La tesi che assegna al dolo una duplice dimensione, intellettiva e volitiva, è un punto fermo nella dottrina penalistica italiana, ma negli ultimi tempi è riemerso il dibattito tra i sostenitori della teoria della rappresentazione e i sostenitori della teoria della volontà.

L’elemento intellettivo

L’elemento intellettivo consta della rappresentazione o conoscenza degli elementi che integrano la fattispecie oggettiva: se il soggetto non conosce o si rappresenta erroneamente un requisito del fatto tipico, la punibilità è esclusa per mancanza di dolo; da questo punto di vista dolo ed errore (ignoranza) sono concetti antitetici.

La componente conoscitiva del dolo si atteggia diversamente a seconda che abbia come punto di riferimento elementi descrittivi (es. uomo, morte, cosa mobile …) o normativi ( es. “documento”, pubblico ufficiale …)di fattispecie. Nel primo caso, è sufficiente che il soggetto sia a conoscenza degli elementi del mondo esterno così come appaiono nella loro dimensione naturalistica; nel secondo caso, per l’esistenza del dolo, non è sufficiente che l’agente sia a conoscenza dei meri dati di fatto, egli deve piuttosto rappresentarsi anche gli aspetti che fondano la rilevanza giuridica delle situazioni di fatto richiamate dalla fattispecie. (es. l’autore di un reato di falso documentale non deve limitarsi a sapere di manipolare un pezzo di carta, ma deve avere presente la funzione certificante o probatoria connessa a quell’oggetto materiale). Ma ciò non vuol dire che l’autore debba conoscere l’esatto significato giuridico dell’elemento normativo in questione, è sufficiente che egli ne abbia una conoscenza parallela nella sfera laica. (es. basta sapere qual è la funzione certificativa dell’atto di nascita, anche se si ignora la normativa che espressamente lo regola).

La previsione

La rappresentazione si atteggia a previsione con riferimento agli accadimenti futuri che si prospettano come risultato di una condotta criminosa (es. evento letale come conseguenza di una condotta omicida). Nella previsione deve anche rientrare il nesso causale tra azione ed evento.

Lo stato di dubbio. La rappresentazione sufficiente ai fini del dolo è compatibile con uno stato di dubbio in ordine a uno o + elementi di fattispecie: il dubbio non equivale infatti, ad ignoranza od erronea conoscenza, in quanto il soggetto si rappresenta contemporaneamente il duplice possibile modo di essere di una cosa (es. Tizio, nel dubitare che l’oggetto di cui si impossessa sia di altri, si rappresenta la possibilità di commettere un furto).

La sufficienza dello stato di dubbio ad integrare il dubbio, è tuttavia esclusa laddove sia la particolare struttura della fattispecie incriminatrice ad esigere la piena conoscenza di uno o + elementi di reato (es. calunnia, che si realizza solo a condizione che l’agente sappia senza incertezze che l’incolpato è in realtà una persona innocente).

Per rilevare in sede di imputazione dolosa, la consapevolezza implicita si deve riferire ad elementi rientranti in un insieme di circostanze non solo note all’agente, ma che egli potrebbe immediatamente richiamare alla mente riflettendoci un attimo; il dolo esulerebbe invece, se il passaggio da una rappresentazione potenziale ad una rappresentazione attuale presupponesse un processo di deduzione logica del dato attualmente ignoto dalle circostanze precedentemente note. (es. l’autore di corruzione di minore agisce con dolo se pur non riflettendo attualmente sull’età della persona offesa, era da tempo a conoscenza di tale dato; non così invece se il corruttore, ignaro dell’età del soggetto passivo, per stabilirla dovesse logicamente desumerla da circostanze a lui note come dalla libertà da controlli familiari, dall’età delle persone frequentanti … ).

L’elemento volitivo

Il dolo non è semplice rappresentazione degli elementi costitutivi della fattispecie delittuosa, ma volontà consapevole di realizzare il fatto. La volontà in senso ampio investe l’azione come movimento corporeo e il fatto complessivo nella sua unità significativa. Se manca la volontà di realizzare il fatto, non bastano a integrare il dolo, i desideri, speranze, tendenze, inclinazioni … .

Dolo e movente. Il dolo va tenuto distinto dal movente o motivo dell’azione delittuosa: quest’ultimo consiste nell’impulso o stimolo di natura affettiva che spinge il soggetto ad agire (odio, vendetta, gelosia), per cui il dolo come volontà del fatto può coesistere con le motivazioni psicologiche più varie.

L’imputazione a titolo di dolo presuppone che la volontà si traduca in realizzazione, almeno nello stadio di tentativo punibile (art. 56). (ad es. Tizio decide di collocare una bomba per realizzare una strage, ma poi non concretizza il piano criminoso. In questo caso rimane tutto nella sfera irrilevante dell’ideazione).

Proprio perché la volontà rileva come espressione di un potere di conformazione alla realtà, e non come mero dato psicologico, è privo di rilevanza sia il dolo antecedente che il dolo susseguente: occorre che il dolo sussista al momento del fatto, e perduri per tutto il tempo in cui la condotta rientra nel potere di signoria dell’agente (la volontà deve abbracciare la condotta tipica fino all’ultimo atto), quindi l’eventuale venir meno della volontà in senso strettamente psicologico è privo di rilevanza, ove l’agente non sia più in grado di incidere sullo svolgimento degli accadimenti (es. risponde di omicidio doloso anche chi non desideri + la strage nel momento in cui la bomba ad orologeria scoppia, purché voluta risulti la collocazione dell’ordigno).

Intensità del dolo

Il dolo può presentare un’intensità diversa a seconda del grado di consistenza della componente rappresentativa e/o volitiva.

  • Per quanto riguarda la componente conoscitiva, la sua graduabilità dipende dal livello di chiarezza e certezza con cui il soggetto si rappresenta gli elementi di fatto di reato: quindi, una rappresentazione in forma dubitativa corrisponde ala soglia + bassa di intensità, mentre l’intensità maggiore sarà raggiunta da una consapevolezza piena.
  • Per quando riguarda l’elemento volitivo, l’intensità va rapportata al grado di adesione psicologica del soggetto al fatto, alla complessità ed alla durata del processo deliberativo.

Si suole ritenere che la deliberazione criminosa esprima una minore gravità allorché si traduca immediatamente in azione (dolo di impeto), per contro sarebbe + grave il dolo di proposito, caratterizzato da un rilevante stacco temporale tra il momento della decisione e quello dell’esecuzione. Costituisce la forma aggravata del dolo di proposito la c.d. premeditazione che si configura quando il proposito criminoso non solo perdura per un rilevante lasso di tempo ma tradisce un’ostinazione criminosa particolarmente riprovevole.

 

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