L’art. 52 del nostro codice prevede la legittima difesa, un istituto che, trovando il suo fondamento nello stesso diritto aggredito, viene riconosciuto in tutti gli ordinamenti. Dato che l’ordinamento non può riconoscere un diritto e, parallelamente, imporre al titolare di subirne la lesione, ogni diritto implica la facoltà dell’autodifesa, sia in via presentiva (es. offendicula) sia impersonalmente (es. guardie del corpo). L’ordinamento, tuttavia, circoscrive l’autodifesa privata ai soli casi di concreta impossibilità di ricorso alla difesa dello Stato e nei limiti da esso prefissati.

La legittima difesa si incentra sui due poli:

  1. aggressione ingiusta.
  2. reazione legittima.

(1) Presupposto perché il soggetto possa difendersi legittimamente è che sia ingiustamente aggredito. Tale aggressione, comunque, per essere qualificata come ingiusta, deve avere i seguenti requisiti:

  • soggetto attivo dell’aggressione deve essere l’uomo, dovendo essa provenire da elementi sottoposti alla sua vigilanza.
  • soggetto passivo dell’aggressione può essere, oltre al soggetto che si difende, anche un terzo difeso da altri. Accanto alla difesa dei diritti propri, infatti, è prevista anche la difesa altruistica dei diritti altrui (soccorso difensivo).
  • oggetto dell’aggressione deve essere un diritto altrui, da intendersi in senso lato, comprensivo oltre che dei diritti soggettivi stricto sensu anche degli interessi legittimi.
  • l’aggressione può consistere non solo in un’azione non violenta, ma anche in un’omissione.
  • l’aggressione al diritto deve contenere un pericolo attuale di offesa, ovvero la presente probabilità della lesione (pericolo incombente/ perdurante).
  • l’ingiustizia dell’offesa va intesa non come offesa antigiuridica, che porterebbe a circoscrivere la legittima difesa alle sole offese colpevoli, ma come offesa ingiustificata, ossia arrecata al di fuori di qualsiasi norma che la imponga o la autorizzi.

Circa la provocazione va distinto tra:

  • provocazione esauritasi, rispetto alla quale non vi può essere legittima difesa, per mancanza dell’attualità del pericolo.
  • provocazione in atto, rispetto alla quel è configurabile la legittima difesa, a patto però che la reazione sia proporzionata.

(2) Per essere legittima la reazione deve innanzitutto cadere sull’aggressore, dovendo inoltre presentare tre requisiti:

  • la necessità di difendersi, che si ha quando il soggetto è nell’alternativa tra reagire o subire, non potendosi sottrarre al pericolo senza offendere l’aggressore.

Tale necessità, a rigore, non esiste quando il soggetto ha un’ulteriore alternativa, potendo evitare l’offesa attraverso un’altra possibilità materiale, quale, ad esempio, l’implorazione o la fuga. Quest’ultima, tuttavia, a sua volta, può pregiudicare altri beni (es. ragazza svestita che deve scappare sotto la neve), pertanto ci si chiede se possa essere scriminato colui che, potendo fuggire, decide di difendersi. Secondo l’attuale opinione, comunque, mentre sono giustificate le difese limitate, ad esempio, alle percosse, non possono esserlo quelle consistenti, ad esempio, nell’omicidio, se colui che l’ha compiuto poteva indennemente fuggire.

  • l’inevitabilità altrimenti dell’offesa, che sta a significare l’impossibilità del soggetto di difendersi con un’offesa meno grave di quella arrecata. Non basta che il soggetto si trovi nella necessità di difendersi, ma occorre che egli non possa evitare l’offesa se non attraverso quel fatto offensivo.

Tale requisito, pur non essendo previsto dall’art. 52, è implicito nella stessa ratio della legittima difesa: il principio del bilanciamento degli interessi, infatti, richiede che l’interesse dell’aggredito sia difeso col minor danno per l’aggressore.

  • la proporzione tra difesa ed offesa, che si ha quando il male inflitto all’aggressore è inferiore, uguale o tollerabilmente superiore a male a lui minacciato. Non basta che il soggetto si trovi nella necessità di difendersi e nell’impossibilità di farlo se non con l’offesa arrecata, ma occorre che questa non sia sproporzionata al male che si vuole evitare.

Tale giudizio di proporzione, tuttavia, non va fatto né soltanto tra mezzi, che possono avere una plurima potenzialità offensiva (es. utilizzo del bastone) né soltanto tra beni, che possono essere offesi con intensità diverse. Al contrario, come si evince dallo stesso art. 52, il raffronto va fatto tra le offese, ossia tra l’offesa minacciata e quella ricevuta:

  • quando si tratta di beni omogenei, basta raffrontare il diverso grado delle due offese.
  • quando si tratta di beni disomogenei, bisogna ricorrere al bilanciamento degli interessi, considerando poi il rispettivo grado di offesa.

La necessità, l’inevitabilità e la proporzione vanno valutate, oltre che nella reale situazione concreta, attraverso un giudizio che deve essere non meccanico-quantitativo, bensì relativistico e qualitativo (es. non sempre chi si difende è in grado di valutare il reale pericolo e gli effetti della propria mano). Malgrado questa relatività, tuttavia, i suddetti requisiti debbono tutti ricorrere: la mancanza anche di uno solo di essi, infatti, trasformerebbe la legittima difesa in un’offesa ingiustificata ed in una scriminante immorale .

All’originaria scriminante della legittima difesa comune è stata aggiunta (l. n. 59 del 2006) quella della legittima difesa speciale (art. 52 co. 2 e 3). All’origine di tale nuova previsione ci sono:

  • l’aumento e l’incrudelimento delle rapine (es. villa, esercizi commerciali).
  • la richiesta sociale di una maggiore difesa pubblica e, in assenza, di una più ampia difesa privata.
  • la sottoposizione dei legittimi difensori a lunghi processi prima del riconoscimento di aver agito per legittima difesa e il rischio di condanne, stante l’aleatorietà del giudizio di proporzione tra difesa ed offesa.

Il requisito innovativo di tale istituto, tanto difeso quanto criticato, è costituito dalla presunzione di esistenza della proporzione tra difesa ed offesa, la quale va intesa come presunzione relativa, nel senso che spetta non più all’aggredito provare l’esistenza della proporzione, bensì alla pubblica accusa di provare l’inesistenza sia nella proporzione reale sia della proporzione putativa.

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