L’inesistenza di un’offesa tipica, quindi l’impossibilità di qualificare una condotta funzionalmente al contributo prestato per la realizzazione dell’offesa stessa, è invece accertata su un piano obiettivo dal momento che il fatto di un qualunque partecipe appaia assistito da una circostanza di esclusione della pena. Sotto l’aspetto positivo, ogni comportamento che contribuisca con comportamenti altrui a produrre un’offesa tipica, pone in essere elementi “obiettivi” di una fattispecie di concorso. Sull’aspetto negativo occorre invece l’assenza di una delle “circostanze” ex 119 2°.

Analisi del requisito negativo. Si respingono inizialmente quelle opinioni che riportano le circostanze soggettive ex 119 1° al difetto di imputabilità, a particolari condizioni o qualità personali e, finalmente, alla mancanza di volontà colpevole. Le circostanze in questione avranno natura di esimenti (eliminano quindi la rilevanza penale di un comportamento che ha comunque i requisiti di una figura di reato). Si dovrà ora trovare il criterio alla stregua di cui classificare una qualunque esimente come soggettiva od obiettiva per trarne le conseguenze ex 119. La dottrina afferma che le circostanze oggettive delle esimenti sono quelle che precludono la qualifica di antigiuridicità penale obiettiva, mentre le circostanze soggettive sono quelle impedienti la formulazione d’un giudizio di colpevolezza. Il guaio per Gallo di questa definizione è che i concetti di antigiuridicità obiettiva e colpevolezza sono usati come principi guida d’un’indagine che trasferisce i suoi interessi sulla conferma di certe posizioni scientifiche. Bisognerà invece usare il 119 nella sua vera natura, cioè come unico dato normativo da cui si possa risalire alla costruzione di 2 distinte figure di qualificazione del fatto: questa costruzione deve seguire l’intepretazione della disposizione in parola. Seguendo questo metodo però per Gallo non ci si deve far trarre in inganno dal linguaggio usato a volte dalle legge. Infatti se applicassimo alla materia delle esimenti i criteri distintivi dettati dal legislatore in tema di circostanze-elementi accidentali (70) del reato, si concluderebbe che le esimenti possiederebbero tutte natura oggettiva, dato che rappresentano una modalità dell’azione e la loro presenza si riverbera sul danno o pericolo contenuto dell’illecito.

Ci sono altre strade? Una traccia interessante è la constatazione che mentre la rilevanza di certe scriminanti si estende fuori dell’ambito in cui sono state poste, altre limitano la loro efficacia esimente al solo settore penale. Il 652 C.P.p è fondamentale: statuendo sull’efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno, dispone che l’azione civile non può esser proposta o riproposta al giudice civile o amministrativo se in seguito a giudizio sia stato anche dichiarato che il fatto fu compiuto nell’adempimento di dovere o nell’esercizio di facoltà legittima (la dottrina ha spesso scartato queste disposizioni del titolo I Libro per C.P.p). Chiaramente oltre ciò il 652 ha valore limitativo nell’ambito delle scriminanti penali: infatti perchè si abbia la facoltà legittima prevista da tale norma è necessario che questa facoltà derivi da un ramo dell’ ordinamento distinto da quello penale o da questo riconosciuto come tale nei 3 settori fondamentali dell’ ordinamento giuridico, altrimenti ogni disposizione che contempla una scriminante facoltizza certi comportamenti, saremmo quindi davanti ad ipotesi d’esercizio di un dir, con conseguenze opposte a quelle avute di mira dalla legge. Ci sono comunque scriminanti che estendono la loro efficacia a ogni branca dell’ordinamento, perchè corrispondenti ad esigenze esorbitanti dal terreno penalistico, le quali investono l’ ordinamento nella sua interezza. Ci sono poi alcune esimenti come lo stato di necessità che si limitano ad escludere la pura illiceità penale del fatto a cui aderiscono. Si ricordi che il reato non è illecito di persone, piuttosto modalità di lesione. Dato ciò ci si chiede il significato della contrapposizione tra scriminante in cui vien meno la rilevanza come illecito di un certo comportamento in ogni ramo del dir, e una scriminante che operi solo sull’illiceità penale. Per Gallo è giusto dire che in quest’ultimo caso si neutralizza solo quella modalità da cui discende il disvalore della condotta, decisivo agli effetti penali.

Il discorso fondamentale è: per interpretare il 119 basta sottolineare come in un caso non si ha alcuna possibilità di realizzare un’offesa giuridica, nell’altro invece questa possibilità rimane. Con un discorso radicale si può dire che, se concorrere vale come contribuire ad un’offesa tipica e i requisiti di questa offesa si possono distribuire tra i singoli agenti, quello che solo può impedire la rilevanza d’un atto di concorso (se si verificano estremi obiettivi e soggettivi) sarà la presenza di una causa di giustificazione tale da togliere ogni valore al fatto di offesa, sia attuale che potenziale.

Conclusione a cui si arriverebbe e critica ad essa. Conclusione: le circostanze soggettive di esclusione della pena ex 119 1° sono scriminanti efficaci sul terreno penalistico, quelle oggettive ex 119 2° estendono la loro efficacia all’intero ordinamento occorre primariamente considerare il funzionamento dello stato di necessità: sappiamo che questa scriminante escluda l’illiceità penale, quindi secondo il criterio ora adottato, essa sarebbe una scriminante soggettiva e non si estenderebbe allora ad ogni partecipante, in caso di concorso. Ora dato che il nostro legislatore ha previsto di il c. d “concorso di necessità” stabilendo anche che le esimenti sono valutate a favore dell’agente anche se da lui non conosciute, ogni volta che un partecipe, con consapevolezza o no, concorra obiettivamente a salvare un bene anche altrui, più rilevante o equivalente a quello leso con l’azione posta in essere, in questo caso la scriminante non potrà esser negata. Un effetto estensivo che non si concilia con il carattere soggettivo della scriminante da noi attribuito. Ora questa ipotesi però, prevista dal 54 1° , se combinata con il 59 1° , fa si che è condotta posta in essere in stato di necessità quella di chi agisca salvando non solo se stesso, ma anche un terzo, dal pericolo di un danno grave alla persona, anche se il pericolo è da lui ignorato. È assurdo parlare allora di estensione della esimente se questa per struttura interna, inerisce a ogni azione cooperante ad un certo evento. Oltre a ciò, il fatto che non siamo davanti a un fenomeno di estensione è dimostrato anche dal rilievo che lo stato di necessità non giova al partecipe che abbia causato il pericolo, o che sia titolare di un certo dovere giuridico di esporsi al pericolo. in queste ipotesi non è dubbio che egli non sarà esente da responsabilità penale, ciò vuol dire che lo stato di necessità non si estende e che la regola del 119 1° non subisce alcuna eccezione.

Conclusione. Dei dogmi tradizionalmente enunciati in tema di concorso, con un esame esegetico della fattispecie incriminatrice configurata dalle disposizioni ex 110 e ss integrate con quelle di parte speciale, resta in piedi molto poco. L’istituto del concorso si risolve tutto nel contributo arrecato ad un’offesa tipica.

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