Questa regola è enunciata dall’11 preleggi (“La legge non dispone che per l’avvenire; essa non ha effetto retroattivo), ma ha rilevanza costituzionale solo in materia penale (quindi negli altri rami la legge può derogare a ciò, senza incorrere in illegittimità).

Art 2 C.P. Al ribadisce la irretroattività della regola incriminatrice (ciò si poteva dedurre anche da 11 preleggi), il dispone “Che nessuno può esser punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato” (qui si deroga al principio di irretroattività). Ora però l’interpretazione suggerisce che il 2° art 2 non esiga che “la legge posteriore” abroghi nella sua interezza una fattispecie incriminatrice, in quanto conta che, secondo una legge posteriore (che può anche esser diversa da quella penale) il fatto da qualificare non sia più costitutivo di reato. In pratica l’efficacia retroattiva sarà di una regola che assicura la non punibilità del fatto, non che punisce. Parleremo allora di abolitio criminis nel senso che a seguito della regola posteriore un fatto concreto non sarà più qualificabile come reato. Qui la successione di leggi postula solo due termini: la regola del tempo in cui è realizzato l’illecito e quella posteriore per cui il fatto non è più costitutivo di reato. 3°. Qui si risolve il rapporto tra legge anteriore/posteriore, dicendo che andrà applicata la regola più favorevole al reo.

Rapporto 2 C.P. 25 2° Costituzione. Sicuramente non ci sono contrasti col 2 2° C.P. (la regola retroattiva non punisce, vedi discorso di sopra in neretto). il 25 stabilirebbe una irretroattività assoluta, che sembrerebbe in contrasto con l’applicazione del favor rei prevista dal 3°.Ora per verificare se ci sia davvero il contrasto col 3°, bisogna guardare alla ratio del 25 nella parte in cui è costituzionalizzato il principio di irretroattività. Attraverso questo principio la Costituzione ubbidisce ad un’esigenza di certezza. Quindi se una regola incriminatrice potesse disporre per il passato (esempio: con condizioni più sfavorevoli), verrebbe meno la prima condizione di una normativa certa: mettere cioè in grado il destinatario, al verificarsi della condotta, di regolarsi tra lecito e illecito, e scelta quest’ultima strada, di tener conto di quanto ex lege sia grave il fatto che vuol fare. Secondo Gallo il 25 2° sarebbe stato creato solo per evitare una situazione penale più sfavorevole di quella presente alla commissione del fatto, “consentendo” quindi al legislatore di derogare qui alla irretroattività.

Compatibilità tra 2° 3° 2 C.P. e 25 2° Costituzione. Non ci sono problemi per il 2°: qui aggiungiamo che, dato che nel 2° 2 C.P. è disposta la non punibilità per un fatto che alla stregua di una legge posteriore non costituisce reato e che nel 25 2° non si può esser puniti per un fatto che alla stregua di legge successiva non è reato, la compatibilità è ancora più chiara. Nel caso invece del 3° 2 C.P. ci troviamo in pratica davanti a un disposto che stabilisce che si è punibili (anche se con minore severità) alla stregua di leggi entrate in vigore dopo la commissione del fatto. Secondo Gallo però la soluzione si estrapola dalla ratio del 25: infatti la retroattività della legge penale più favorevole è l’applicazione di un principio che ubbidisce alla moralità sottesa all’esigenza di certezza ex 25 2° Costituzione. Alla base di ciò c’è anche un discorso storico/logico: il costituente conosceva il 2 C.P., quindi la garanzia alla base del 25 Costituzione deve integrarsi con le ulteriori disposizioni che sanciscono retroattività della regola penale più favorevole.

Esclusione della retroattività della regola più favorevole quando sia pronunciata “sentenza irrevocabile” (quest’ultima è una “sentenza di condanna”, dato che la disciplina della successione di leggi nel tempo ex 25 2° e i disposti del C.C. finora esaminati valgono solo per leggi penali sostanziali, oppure “sentenza di proscioglimento” se il principio del favor rei concerne anche le regole processuali). Secondo Gallo a seguito di legge più favorevole il processo andrebbe rifatto, ma vorrebbe evitare ingorghi processuali. Suggerisce quindi criteri di aggiustamento che permettano rapida pronuncia in sede di esecuzione.

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