Le circostanze, secondo l’originario art. 59, erano imputabili obiettivamente, a prescindere che fossero aggravanti o attenuanti: se esistevano, si applicavano anche se non conosciute, mentre se non esistevano, non si applicavano anche se ritenute esistenti. Erano comunque previste delle deroghe a tale principio di imputazione obiettiva: la deroga espressa (art. 60 co. 3) e le deroghe implicite, costituite da quelle circostanze implicanti un atteggiamento psichico doloso, senza il quale esse non esisterebbero. La regola dell’imputazione oggettiva, tuttavia, cominciando ad essere percepita come una deviazione, per quanto riguarda le circostanze aggravanti, dal principio della responsabilità colpevole, non poteva più essere giustificato.

Riformulando l’art. 59 co. 1 e 2, quindi, l’art. 1 l. n. 19 del 1990, oltre a tenere ferma l’irrilevanza delle circostanze putative (co. 3):

  • ha confermato la regola dell’imputazione obiettiva per le attenuanti (co. 1).
  • ha sancito la regola dell’imputazione almeno colposa per le aggravanti (co. 2).

 In caso di error in persona, ossia sull’identità della vittima per uno scambio di persona, l’art. 60 sancisce le seguenti regole:

  • non sono poste a carico dell’agente le circostanze aggravanti.
  • sono valutate a favore dell’agente le circostanze attenuati, erroneamente supposte.

L’art. 60, assieme all’art. 82, considerando l’error in persona dell’ambito delle circostanze, sancisce il principio dell’indifferenza dell’identità del soggetto passivo. L’art. 60 co. 3, tuttavia, pone una deroga a suddetta deroga, ritornando di fatto alle regole generali dell’art. 59: le disposizioni di questo articolo non si applicano, se si tratta di circostanze che riguardano l’età o altre condizioni o qualifiche, fisiche o psichiche, della persona offesa .

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