Essa è la consegna che uno stato fa ad un altro Stato di persona che debba esser assoggettata, nello stato ai cui poteri è consegnata, a procedimento penale o a sanzione penale. Si distingue tra “estradizione attiva” (lo Stato che chiede la consegna dell’individuo”) dalla “estradizione passiva” (lo Stato a cui la consegna è richiesta). Il 13 C.P. prevede che il sistema italiano si impernia sull’estradizione passiva: questa non è ammessa se il fatto che forma oggetto della domanda di estradizione non è preveduto come reato dalla legge italiana e da quella straniera. Ora però è possibile anche che si conceda/offra estradizione anche per reati non preveduti nelle convenzioni internazionali, purchè queste non ne facciano espresso divieto, mentre occorre per la previsione espressa in convenzione internazionale per l’estradizione del cittadino ( 26 1° e 13 ultimo comma C.P.). Gallo si chiede se le regole che disciplinano l’estradizione passiva siano valide anche per l’estradizione attiva: secondo Gallo è così, anche perchè l’estradizione attiva valgono queste condizioni. Un secondo interrogativo sorge sull’ultimo comma: Gallo si chiede cosa vuol dire che l’estradizione del cittadino è permessa solo se sia “consentita” nelle convenzioni internazionali. Per una interpretazione rilevante in giurisprudenza basterebbe che la convenzione internazionale contempli espressamente l’estradibilità del cittadino per uno più reati, quindi non ci sarebbe bisogno che l’illecito sia menzionato nella convenzione: l’unico limite sarebbe eventualmente un divieto espresso. Ciò per Gallo contrasta con la ratio del 13 C.P.: questa non può ritenersi soddisfatta alla semplice condizione che l’estradizione sia prevista per uno o più casi, essendo indifferente che la previsione concerna o no il reato oggetto della richiesta. Se fosse così, ci si chiede a cosa servirebbe il fatto che le convenzioni internazionali elenchino reati per cui è ammessa l’estradizione del connazionale: questa elencazione ha un senso se tassativa. Quindi è necessario che l’estradizione avvenga solo per reati specificatamente contemplati. Tutto ciò non impedisce allo Stato italiano di effettuare richiesta di estradizione del proprio cittadino anche fuori da espressa clausola pattizia: spetterà allo Stato richiesto, in base alle sue norme, decidere o no se dar ricorso all’estradizione.
Estradizione per reati politici. Vige un divieto (10 e 26 Costituzione, 13 C.P.). Ci si chiede se la nozione di delitto politico rilevante per l’estradizione coincida con 3° 8 C.P., per il quale è delitto politico ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino, ovvero il delitto comune determinato da motivi politici. Per Gallo la conclusione è che ci può esser una limitazione del delitto politico(modellata sull’8 C.P., ma non coincidente con questa) che escluda la politicità dell’illecito motivato solo in parte da ragioni politiche, quando appaia chiaro dalla vicenda processuale e dalla richiesta che questa non sia mero pretesto di persecuzione politica.
Limite all’estradizione passiva. Essa è limitata quando ex 698 1° C.P.P. si può ritenere che l’imputato sarà sottoposto a discriminazioni e persecuzioni ovvero trattamenti crudeli, disumani, degradanti. Un altro limite, successivo alla illegittimità dell’ultimo comma del 698 C.P.P., prevede che non si può procedere a estradizione quando il diritto dello stato straniero contempli per il fatto oggetto della richiesta la pena di morte.
Per l’ articolo 11 C.P. se il cittadino o lo straniero sia stato giudicato all’estero, è obbligatorio rinnovare il giudizio. Quindi non si tiene conto della regola ex 659 C.P.P. del ne bis in idem in tutte le ipotesi considerate dall’11, non solo nel caso di reati commessi nel territorio statale (per cui il rinnovamento del giudizio è tassativamente previsto), ma anche nel caso di reati commessi all’estero (qui si sa che il rinnovamento è condizionato dalla richiesta del Guardasigilli).
Per l’ articolo 12 C.P. a certe condizioni e a certi effetti si può dar riconoscimento alla sentenza penale straniera pronunciata per un delitto. L’opinione comune vuole che la sentenza sia riconosciuta come fatto e non come atto. Per Gallo invece è atto e non fatto, perchè si potrebbe arrivare a dare rilevanza nell’ordinamento italiano della sentenza penale anche se questa sia non riferibile a coscienza/volontà del giudice che l’ha emanata. Quindi ex 12 n.1,2,3 la sentenza avrà rilevanza in Italia se la condanna denota una situazione di pericolosità del reo.