Art 530 3° (Sentenza di assoluzione) C.P.P. esso dispone che: “Se vi è prova che il fatto è stato commesso alla presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilità ovvero se c’è dubbio sull’esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione ex 1°). In questo modo entra nel linguaggio della legge al denominazione “cause di giustificazione”. A individuare la categoria delle stesse si perviene con il 119 C.P. che stabilisce che “Le circostanze soggettive, le quali escludono la pena per taluno di coloro che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto riguardo la persona a cui si riferiscono. Le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato”. Il 59 le chiama “circostanze che escludono la pena”: la terminologia è la stessa quindi. Da un’analisi del 119 sembrerebbe che l’unica novità rispetto al 59 sia l’aspetto oggettivo e soggettivo: ma non può ritenersi che le circostanze escludenti la pena siano quelle attinenti all’imputabilità del reo, alle sue qualifiche personali, nonché quelle che precluderebbero un giudizio di colpevolezza. Altrimenti questa norma ripeterebbe l’ultimo comma del 112, che stabilisce che chi abbia partecipato alla commissione di un reato assieme a persona non imputabile ovvero non punibile a cagione di una condizione/qualità personale ovvero che abbia agito incolpevolmente subisce un aumento di pena ma oltre a ciò sancisce il principio che i suddetti motivi di non punibilità non si estendono alle persone cui non si riferiscono direttamente. La novità del 119 1° si fa chiara quando si ritiene che esso concerne una certa categoria di elementi che il 112 e 111 non considerano: cioè le cause di giustificazione cioè quelle situazioni di fatto escludenti la rilevanza penale di un comportamento che altrimenti costituirebbe reato. Spiegare come avviene ciò mette a fuoco anche il rapporto che c’è tra queste situazioni e gli elementi positivi costitutivi del fatto di reato: si dovrebbe pensare che le cause di giustificazione siano estintive della punibilità e il fatto realizzato in presenza di una scriminante nascerebbe come fatto di reato da cui sorgono conseguenze canzonatorie

Efficacia delle scriminanti. Prima considerazione: Il fatto giuridico scriminante estingue la punibilità, in quanto punibilità si sia già prodotta. Ora le scriminanti però non estinguono la punibilità perché essa non è mai sorta. Il fatto realizzato in presenza di una causa di giustificazione nasce dall’inizio penalmente lecito o penalmente irrilevante. Da ciò poi si può individuare sul piano naturalistico la scriminante come fatto giuridico autonomo esterno al fatto obiettivo di reato: a volte ciò è possibile (esempio: Tizio distrugge la cosa di Luca col suo consenso) ma la maggior parte delle volte manca un accadimento che possa dirsi fatto giuridico autonomo: costituisce causa di giustificazione anche l’esercizio del diritto intesa come facoltà legittima. Seconda considerazione: La causa di giustificazione sarebbe impeditiva della punibilità. Rispetto alla prima considerazione quindi qui si impedirebbe che la punibilità si verifichi quindi la scriminante da intendere come fattispecie autonoma rispetto a quella di reato e quindi quest’ultima non produce i suoi effetti di punibilità. Sarebbe quindi un fatto impeditivo: ma esso presuppone una doppia vicenda: la prima di qualificazione del fatto come penalmente antigiuridico, la seconda segnata dall’efficacia di un fatto che impedirebbe gli effetti nascenti dall’illecito. Segni di tutto ciò qui non se ne trovano: fra l’altro quando consideriamo la scriminante come fattispecie esterna al fatto costitutivo di reato, essa si profila come modalità dell’azione.

Scriminante come elemento negativo del fatto. Questa rimane l’unica concezione possibile. Ciò per Gallo parrebbe comprovata dal 530 3° che in ipotesi di dubbio detta per le cause di giustificazione la disciplina disposta a proposito degli elementi positivi.

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