Il sistema dei delitti contro il patrimonio del 1930 è andato rivelando crescenti disarmonie col nuovo ordinamento costituzionale, presentandosi sotto vari aspetti anacronistico:

  • da un lato peccava per eccesso di tutela per il rigorismo sanzionatorio in genere e, particolarmente, dei delitti commessi dai meno abbienti;
  • dall’altro peccava per difetto di tutela, sia perché privilegiando la proprietà materiale di cose risultava non sempre adeguato a tutelare contro le aggressioni non riconducibili a tale concetto materiale (es. reati informatici) sia perché non comprendeva fattispecie di pertinenza della tutela patrimoniale ma decentrate, in contrasto con la centralità del codice penale, in leggi speciali.

 Al fine di attenuare tali contrasti, quindi, il sistema dei delitti contro il patrimonio è stato oggetto di numerose modifiche ad opera, oltre che di alcuni interventi della Corte costituzionale, della cosiddetta legislazione emergenziale sulla criminalità organizzata e di altre varie leggi (es. introduzione di nuovi delitti, inasprimento sanzionatorio di alcuni delitti e attenuazione di altri). Si è così venuta creando, all’interno del sistema dei delitti patrimoniali, una progressiva scissione tra:

  • i reati plurioffensivi, essendo in particolare quelli a violenza personale andati perdendo quel connotato della patrimonialità a favore dell’accentuazione della lesività alla persona;
  • i reati monoffensivi o comunque senza violenza personale, che hanno visto accentuarsi il ruolo privatistico del diritto soggettivo patrimoniale mediante il riconoscimento di una maggiore rilevanza della volontà del soggetto attraverso l’estensione della perseguibilità a querela.

Tali modifiche, sovrapponendosi al sistema precedente, se da un lato ne hanno rinnovato in radice l’impianto, dall’altro ne hanno in certa misura alterato la fisionomia, dando vita ad un sistema in cui il vecchio e il nuovo coesistono in una più ampia armonia di Parte speciale

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