La nuova legge di diritto internazionale privato ha introdotto (o reintrodotto) il principio dell’efficacia automatica della sentenza straniera passata in giudicato e rispondente a certe condizioni. Il codice di procedura civile del 1865 disciplinava soltanto l’esecuzione delle sentenze straniere disponendo che ad esse la “forza esecutiva” venisse data dalla Corte d’appello nella cui giurisdizione dovevano essere eseguite ”premesso giudizio di delibazione”; per le altre sentenze, dottrina e giurisprudenza ritennero a lungo che le sentenze straniere, purché fornite di alcuni essenziali requisiti, potessero spiegare automaticamente la loro efficacia dichiarativa o costitutiva anche nell’ordinamento italiano per virtù propria e senza bisogno di delibazione.

Fu soltanto con il codice di procedura civile del 1942 che la speciale procedura promossa mediante citazione davanti alla Corte d’appello (chiamata sempre “delibazione” nonostante il legislatore avesse rinunciato all’uso di questo termine, il quale sopravvive ancora oggi, in maniera del tutto impropria) divenne necessaria in ogni caso in cui si volesse “far valere nello Stato una sentenza straniera” (art. 796 c.p.c, ora abrogato).

Una sorta di efficacia “automatica” delle sentenze straniere (nel senso che non si richiedeva l’instaurazione di tuia apposita azione) era possibile soltanto attraverso l’istituto della “delibazione incidentale” (n termine esatto dell’art. 799 c.p.c, era “dichiarazione di efficacia in giudizio pendente'”) che creava la possibilità di far valere, in un processo pendente davanti ad un qualunque giudice italiano, una sentenza straniera tra le stesse parti già passata in giudicato per trame gli effetti di cui essa era suscettibile in quanto giudicato. Tali effetti si esplicavano però soltanto fra le parti del procedimento giudiziario italiano ed ai fini della decisione della lite che ne formava oggetto.

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