Ci sono alcune norme del nostro codice civile che trattano in modo approfondito la disciplina della ditta e gli aspetti che noi analizziamo oggi sono quelli della possibilità di confusione tra più ditte simili e anche il problema del trasferimento della ditta separatamente o meno rispetto al resto dell’azienda. Che cos’è la ditta? E quali sono i profili che segnano la validità? Quando si parla di ditta si parla di un segno distintivo, è un segno volto a distinguere l’impresa: è il segno distintivo dell’impresa. C’è una notazione di base: per la ditta, cioè per l’ipotesi di confusione tra due ditte simili esiste una norma speciale che tutela l’uso della ditta ed è l’art 2564 c.c. nel 1942, allorchè è stata creata questa disciplina, si riteneva sommamente importante la figura dell’imprenditore individuale, era un connotato di distinzione. Con il tempo, ci si è resi però conto che questa necessità di ricorrere alla ditta intesa come nome e cognome dell’imprenditore individuale, lasciava spazio rispetto ad una tendenza che era ad utilizzare delle ditte di fantasia, perciò irregolari. C’è una prima distinzione da fare tra ditte particolari e ditte irregolari. Quando si parla di una ditta si parla di un segno distintivo, che per poter essere tutelato, deve avere alcune caratteristiche. Per potersi qualificare come valido segno distintivo deve avere novità e liceità al pari di ogni altro segno distintivo, con una particolarità: questi requisiti sono da analizzare sotto l’ottica non del consumatore, ma con il metro di giudizio dell’imprenditore. In primo luogo quando si parla di ditta si parlano di segni distintivi tra imprenditori. Capacità distintiva: si tratta di una ditta se è regolare ancor più, che deve distinguersi rispetto alle caratteristiche del prodotto, ma in questo caso bastano piccole lievi differenze a renderla atta a distinguere. Es se prendiamo il riferimento alla ditta “che banca” è un segno che distingue anche una certa ditta oltre che il prodotto, ma in se e per sé è il segno distintivo di una ditta, la capacità distintiva presuppone una leggera variazione rispetto al prodotto base. La ditta per essere valida ha bisogno di lievi differenziazioni rispetto al prodotto generale. Novità: la ditta deve essere differente rispetto ad altre ditte presenti sul mercato. L’imprenditore è di per se già persona esperta per riconoscere le variazioni. Liceità: al ditta non potrà essere contraria alla legge e al buon costume. Quali sono i profili di tutela del titolare di una ditta valida? Gli strumenti di tutela che l’ordinamento conosco è una norma speciale, art 2564. È una norma molto simile quanto a presentazione degli strumenti di tutela, gli strumenti che offre sono simili ma non coincidenti. Questa norma prevede che nel conflitto, laddove sia un problema di difficoltà, ovvero ci sia la tendenza alla confusione, occorre far riferimento ad un criterio di priorità nell’uso. È tutelato colui che per primo ha utilizzato una certa ditta. Valgono dunque i criteri che abbiamo già analizzato.il ricorso al marchio è valido quando viene usato e quando viene fatto un uso tale da completare la notorietà; c’è una sorta di preuso che lo tiene tutelabile nei confronti di una ditta successiva. Il criterio è un criterio temporale, ma nei confronti di chi riceve tutela? Nei confronti di chi usi una ditta successiva che per l’oggetto dell’attività o per l’ambito territoriale dell’attività sia idonea a recare confusione. Il rischio di confusione si ripropone anche nella ditta, la tutela è rivolta ad un uso confusorio. Confusione riguarda l’oggetto, si tratta dell’oggetto dell’impresa. La confusione riguarda l’oggetto in produzione e per interpretazione giurisprudenziale questa confusione riguardante gli oggetti dell’attività, riguarda anche il cosiddetto mercato potenziale: riguarda anche lo sviluppo potenziale di quell’impresa. Questo concetto di potenzialità può riguardare anche l’ambito territoriale e non solo nel luogo in cui viene utilizzata,ma riguarderà anche il cosiddetto mercato di sbocco, il mercato potenziale. Il concetto di capacità o possibilità di recare confusione è un concetto da interpretare estensivamente. L’imprenditore successivo, cioè colui che usa successivamente la ditta avrà un onere. L’art 2564 dice che l’imprenditore successivo dovrà integrare o modificare la ditta successiva in modo tale da non differenziarla totalmente. C’è un onere meno gravoso ed è uno strumento meno stringente dell’inibitoria ex art 2598. Vi è un caso particolare di uso di ditte confusorio: sono le ditte padronimiche nei casi di omonimia con dei marchi famosi. In questo caso la giurisprudenza è chiamata a decidere l’ipotesi di omonimia e si è orientata verso due soluzioni: colui che ha diritto a portare nome e cognome on lo potrà utilizzare nella ditta ancora di più se è un marchio notorio; però in verità questa disposizione che tutela solo il marchio notorio si pone in contrasto con una norma. Con l’art 12 della propr industriale non è nuovo che sia uguale o simile. Vi sono altre norme a favore del marchio già registrato e tutelato. Ci sono delle norme che lette tutte insieme non ci portano in una soluzione univoca, però la soluzione che la giurisprudenza intravede è quella che deriva dall’art 2564: ovvero potrà utilizzare il proprio nome o cognome ma integrandolo, modificandolo in modo tale da differenziare lo stesso rispetto al marchio famoso. Quindi nelle ipotesi di omonimie e nelle ipotesi in cui si debba bilanciare contrapposti interessi.

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