Alcune teorie identificano il bonum coniugum con l’amore coniugale, e all’interno di esse si possono individuare due correnti, che si differenziano per il fatto di isolare con il termine di amor coniugalis realtà differenti:

  1. il primo indirizzo è rappresentato da chi, dopo aver criticato quanti separano l’ amor concupiscentiae dall’ amor benevolentiae per affermare che solo quest’ultimo aspetto può avere rilevanza nello ius ad vitae communionem, ritiene che l’amore giuridicamente rilevante è l’elemento che riveste un ruolo di forza unitiva che porta i coniugi alla matura e totale donazione di sé stessi
  2. un’altra corrente di pensiero intende l’amore coniugale non come attrattiva erotica, ma come profondo sentimento che porta l’uomo e la donna a donarsi reciprocamente, ad essere desiderosi dell’altrui bene e felicità, cioè identifica il bonum coniugum con l’integrità della comunione di vita e di amore fra i coniugi intesa principalmente nella sua componente affettiva.

Dopo la nuova legislazione del 1983 non si è più dubitato dell’amore coniugale come elemento essenziale del matrimonium in fieri , cioè quale elemento che si identifica con il bonum coniugum in suo principio. Una volta sostenuto che l’amore coniugale integra il patto coniugale, bisogna determinare il contenuto del bonum coniugum in suo principio. Ciò non può che essere il rapporto interpersonale di integrazione dei coniugi, cioè l’amore coniugale. Parlando di ius ad amorem coniugalem non ci si riferisce all’ amor concupiscentiae, ma all’ amor benevolentiae. La disposizione a volere il bene della comparte, rappresenta e costituisce il primo degli elementi contenuti nel patto coniugale.

La finalità del bonum coniugum si trova insita nella struttura dell’essenza del matrimonio accanto all’altra finalità costituita dal bonum prolis, in modo che l’essenza possa conseguire i propri scopi.

Oggi, in base all’insegnamento conciliare, l’aiuto reciproco dei coniugi lo si è ricondotto a momento centrale, qualificatore della loro relazione, per cui senza l’orientamento ad esso dell’originario impegno coniugale, non può definirsi vero consenso matrimoniale, non si può volere il bene dell’altro. Paolo VI affermava che il matrimonio è un’istituzione di Dio che, attraverso la reciproca donazione personale, gli sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda per poter generare ed educare nuove vite.

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