Principi generali sulle fonti del Diritto Ecclesiastico

Quanto alle fonti del diritto ecclesiastico, non ha più ragione di essere la vecchia distinzione del D’Avack tra fontes cognoscendi ed existendi, poiché per fonte si intende il fatto o l’atto che produce le norme e non il documento che materialmente le rende riconoscibili.

Del medesimo autore è invece del tutto condivisibile la posizione per cui questi sostiene che le norme del nostro diritto ecclesiastico preconcordatario che non siano state abrogate o derogate da norme successive, sono da considerare pienamente vigenti nel nostro ordinamento giuridico.

Gli ecclesiastici sono soliti distinguere tra: fonti unilaterali e fonti bilaterali.

A loro volta, tali fonti vanno ulteriormente distinte e classificate secondo i criteri di gerarchia e competenza. Le gerarchie normative possono essere strutturali, quando un determinato potere normativo trae la sua esistenza dall’altro; formali, quando la relazione tra fonti è istituita dalle fonti stesse; logiche, cioè istituite dalla struttura del linguaggio delle fonti e non dal diritto; assiologiche, quando la relazione tra le norme è istituita dalle valutazioni degli interpreti.

Quanto alla classificazione delle fonti, esse sono ordinate gerarchicamente, secondo l’elencazione dell’art. 1 prel.; in questa materia bisogna fare riferimento all’ordinamento giuridico dello Stato,che è il solo a poter inserire nel proprio ambito fonti esterne, attraverso il rinvio formale o materiale e la presupposizione e a conferire agli atti o fatti normativi aventi forza di legge il relativo grado gerarchico.

Le norme di diritto esterno acquistano rilevanza nell’ordinamento interno a condizione che l’ordinamento statuale non abbia in materia specifiche disposizioni; che le norme cui si rinvia non introducano principi contrari a quelli su cui si basa il nostro ordinamento e che abbiano un contenuto ben determinato o determinabile.

Le fonti di diritto ecclesiastico interno

Le fonti del diritto ecclesiastico interno sono: le norme della Costituzione riguardanti il fattore religioso, le leggi costituzionali, le leggi ordinarie, i regolamenti e gli usi in tale materia.

Le fonti di diritto esterno

Il rapporto tra le fonti di diritto interno ed esterno è stato oggetto di intervento della Corte costituzionale, che nella sentenza 168/1991 ha affermato il principio secondo cui: “l’ordinamento statale non è aperto in modo incondizionato alle norme comunitarie poiché è comunque vigente il limite del rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale”.

Dunque quello delle fonti si configura come un sistema chiuso, in cui lo Stato è l’unica fonte possibile, garanzia di omogeneità ed unitarietà.

Si tratta di una concezione del sistema delle fonti garantista delle attribuzioni dello Stato che non consente di aderire alle posizioni di chi auspica, nell’ambito del diritto ecclesiastico, un sistema di codeterminazione delle fonti. La codeterminazione delle fonti, in altre parole, determinerebbe un ampliamento del sistema delle fonti. L’unica strada per ampliare la categoria delle fonti è, però, quella della legislazione costituzionale, in quanto ricorrere a strumenti esterni o agli orientamenti giurisprudenziali complicherebbe solo la materia.

Sistematica delle fonti. Possibili prospettive

La dottrina costituzionalistica ha evidenziato come ormai sia messo in discussione il principio di tassatività e tipicità delle fonti. Ciò è dovuto soprattutto all’introduzione della delegificazione, cioè di un tipo di legge avente effetti peculiari e diversi da quelli delle altre leggi ordinarie, che da un lato ha determinato la rottura del numero chiuso e dall’altro ha comportato l’ammissibilità della creazione di nuove fonti collocate a livello primario.

Ciò premesso, si evince che non si può procedere solo sulla base delle categorie del diritto interno, anche se bisogna comunque muovere da esse, e che non è necessario ricorre a nuove figure giuridiche per costruire un sistema delle fonti adeguato alla realtà giuridica.

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