L’istruzione religiosa va inquadrata nell’ambito del diritto allo studio. Le sue problematiche vanno affrontate sulla base delle norme costituzionali, concordatarie e di diritto comune.

Quanto alle norme costituzionali, l’art. 33 Cost. afferma il principio del pluralismo scolastico, riconoscendo ad “Enti e privati il diritto sia di istituire scuole o istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”, sia di ottenere, per quelle “che chiedono la parità, piena libertà ed un trattamento per i loro alunni equivalente a quello degli alunni delle scuole statali”.

L’art. 34 Cost. sancisce il diritto allo studio, affermando che: “La scuola è aperta a tutti”, stabilendo i limiti dell’istruzione obbligatoria e garantendo “ai capaci e meritevoli” il diritto a “raggiungere i più alti gradi degli studi attraverso borse di studio, assegni, ecc.”.

Dato che l’istruzione costituisce una res mixta, è stata oggetto anche di disposizioni concordatarie.

L’Accordo del 1984 stabilisce che: “La Repubblicaitaliana garantisce alla Chiesa cattolica il diritto di istituire scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione”.

Si garantisce che: “Gli istituti universitari, i seminari e gli altri istituti per ecclesiastici e religiosi o per la formazione nelle discipline ecclesiastiche, istituiti secondo il diritto canonico, continueranno a dipendere solo dall’autorità ecclesiastica. I titoli accademici, in teologia e nelle altre discipline ecclesiastiche sono riconosciuti dallo Stato, al pari dei diplomi conseguiti pressola Scuolavaticana. “Le nomine dei docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dei dipendenti istituti sono subordinate al gradimento della competente autorità ecclesiastica.

Altrove si garantisce che: “Agli studenti di teologia il diritto di usufruire degli stessi rinvii dal servizio militare previsti per gli studenti delle università italiane”.

Dunque nelle scuole confessionali il diritto allo studio è assicurato nel rispetto dei principi sul pluralismo scolastico e religioso e l’autonomia delle confessioni, solo che ciò accade in modo sicuramente maggiore per la confessione cattolica, mentre invece andrebbero garantiti a tutti.

Al riguardo l’Accordo del 1984 stabilisce che: “La Repubblicaitaliana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”. Inoltre “Nel rispetto della libertà di coscienza, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o meno di tale insegnamento. All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità ecclesiastica, senza che dalla scelta ne derivi alcuna discriminazione”.

In realtà, la dichiarazione di avvalersi o meno dell’insegnamento, comporta una vera e propria schedatura, e quindi implicitamente una discriminazione, tanto più rilevante se si pensa che a coloro che non si avvalgono dell’insegnamento non è garantita alcuna alternativa, né è permesso sottrarvisi, dato che si tratta di un corso curriculare e non collocato all’inizio o alla fine dell’orario di lezione, come accade invece negli Stati Uniti col relised time.

Su questi problemi è intervenuta più voltela Cortecostituzionale secondo cui, dapprima, gli alunni non erano tenuti a seguire alcun altro insegnamento obbligatorio, anche se non erano autorizzati ad allontanarsi dalla scuola e secondo cui, in seguito, l’insegnamento della religione non è causa di discriminazione, poiché permette all’alunno di potersi allontanare dalla scuola.

Va poi considerato il problema dell’insegnamento della religione e dello status giuridico degli insegnanti.

L’insegnamento religioso fu reintrodotto dall’art. 36 del Concordato del 1929, secondo cui la materia diventava di nuovo obbligatoria ma se ne poteva essere dispensati su domanda dei genitori o di chi ne fa le veci. L’insegnamento è impartito da professori ritenuti idonei dall’ordinario diocesano. L’attestato di idoneità ha durata annuale e l’eventuale revoca impedisce di svolgere l’insegnamento. Dunque gli insegnanti sono considerati quali incaricati annuali, pagati dalla Pubblica Amministrazione ma sottoposti all’assoluta discrezionalità dell’ordinario diocesano.

Nel 1989 un’intesa tra l’autorità scolastica e la C.E.I. ha riguardato tutta la materia, mentre nessuna innovazione vi è stata circa lo status giuridico degli insegnanti, che è oggetto di competenza normativa esclusiva dello Stato. Gli insegnanti hanno comunque gli stessi diritti e doveri degli altri loro colleghi e “partecipano alle valutazioni periodiche e finali” dei loro alunni.

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