Col tempo gli Stati membri hanno acquisito una crescente consapevolezza della necessità di un maggiore coordinamento tra le politiche occupazionali europee. Si è così delineata una <<Strategia Europea per l’Occupazione>>, che prevede la presentazione annuale, da parte di ogni Stato, di Piani nazionali per l’occupazione, seguita da una discussione a livello europeo per valutare i risultati conseguiti da ciascuno Stato e per consentire agli altri di riprendere le soluzioni migliori.

La Strategia, essendo basata su un metodo di coordinamento aperto, ha condotto ad un ulteriore sviluppo dell’azione portata avanti dalle direttive, che contenevano, e contengono ancora, prescrizioni appartenenti al genere della soft law (vincolano nei fini e non nei mezzi).

In generale la politica occupazionale europea è fondata sui cosidetti quattro pilastri, cui l’azione dei singoli Stati dovrebbe ispirarsi:

  • occupabilità: investire nella formazione e nella qualificazione della forza lavoro, in modo da rendere ciascun lavoratore <<occupabile>>.
  • adattabilità (flessibilità): puntare su una gestione dinamica della forza lavoro.
  • imprenditorialità: sviluppare iniziative imprenditoriali qualificate.
  • pari opportunità: instaurare condizioni di eguale opportunità fra gruppi svantaggiati e altri gruppi.

La Strategia occupazionale europea ha contribuito in misura significativa a far procedere l’integrazione comunitaria, tuttavia, di recente, gli organismi comunitari e lo stesso Consiglio europeo si sono spinti sino a suggerire l’adozione di ulteriori interventi di riforma dei diritti del lavoro nazionali, sotto il segno di un contemperamento tra la flessibilità e le istanze di protezione sociale (flexicurity).

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