Corte costituzionale: sciopero e servizi essenziali. Gli artt. 330 e 333 cp. – ora abrogati dall’ art. 11 L. 146/1990 – punivano l’abbandono indivi­duale e collettivo di un pubblico ufficio. La corte costituzionale aveva af­fermato, con una sentenza interpretativa di accoglimento (sent. 31/1969), che l’abbandono di un pubblico ufficio non comportava alcuna responsa­bilità penale se avveniva a causa dell’esercizio del diritto di sciopero, sem­pre che il servizio pubblico non fosse essenziale, diretto cioè alla tutela d’interessi costituzionali prevalenti su quelli dell’autotutela sindacale.

Con suc­cessiva sentenza – 222/1976 – la Corte giunse alla conclusione che anche nei servizi pubblici essenziali lo sciopero fosse lecito, con esclusione della responsabilità penale per abbandono collettivo di un pubblico ufficio, a condizione che gli scioperanti predisponessero quelle misure indispensa­bili per evitare la lesione dei beni fondamentali e prevalenti (ad es. per i medici per poter scioperare bisognava assicurare la presenza di un nu­mero minimo di personale).

Diritto di sciopero e reato di ammutinamento. Fu ammesso anche lo sciopero dei marittimi, con esclusione della responsabilità penale derivan­te dal reato di ammutinamento (art. 1105 cn.), sempre che il rifiuto di lavorare, avvenisse a causa dell’esercizio del diritto di sciopero, senza pericolo per la sicurezza della navigazione.

Il diffondersi nei servizi degli scioperi corporativi. Tutto ciò diede luogo al diffondersi degli scioperi nei servizi in misura di gran lunga superiore a quella negli altri settori; mentre in questi l’interesse sacrificato dallo sciopero è soltanto quello del datore, nei servizi sono messi in pericolo gli interessi degli u­tenti e la stessa normale convivenza. Ne consegue che nei servizi gli scioperi meramente cor­porativi, fuori dalle linee strategiche complessive del movimento sinda­cale, hanno maggiore presa proprio al fine di evitare i pregiudizi ai diritti degli utenti ed al normale svolgimento della vita sociale.

Per cercare di predi­sporre un freno al diffondersi di questi scioperi, i sindacati confederali ac­cettarono i codici di autoregolamentazione, anche allegati ai contratti col­lettivi nel pubblico impiego. Ma tali codici ebbero scarsissima efficacia per il fatto che essi non vincolavano le organizzazioni sindacali non confede­rate, come i cobas, particolarmente presenti, in­sieme ai sindacati autonomi, nel settore dei servizi.

Ne seguì l’esigenza dell’emanazione di una legge che imponesse speci­fici limiti allo sciopero nei servizi al fine di evitare pregiudizi gravi ai di­ritti fondamentali degli utenti. La L. 146/1990, modifi­cata dalla L. 83/2000, determina l’elenco, non tassativo, dei servizi pubbli­ci essenziali, cui sono collegati i diritti fondamentali degli utenti: la sanità, l’igiene pubblica, la protezione civile, la raccolta e lo smaltimento dei ri­fiuti, l’approvvigionamento dei beni essenziali, la giurisdizione, collegati con la libertà e l’integrità fisica; i trasporti, la circolazione, l’istruzione, la previdenza e l’assistenza, le telecomunicazioni e l’informazione, collegati con i corrispondenti diritti degli utenti.

Ai limiti predisposti dalla legge sono tenuti non soltanto i lavoratori subordinati, ma anche quelli autonomi, professionisti o piccoli imprenditori, la cui attività incida sulla funzionalità dei servizi pubblici, con pericolo per i diritti fondamen­tali degli utenti (art. 2 bis): si pensi allo sciopero degli avvocati che può pregiudicare la libertà personale degli imputati.

     Gli obblighi: del preavviso, d’informazione, delle prestazioni indispensabili. La legge impone direttamente il preavviso, per iscritto, di almeno dieci giorni da inviare sia alle amministrazioni o imprese che esercitano il servizio pubblico, sia alle autorità competenti per la precettazione; il preavviso dovrebbe consentire tenta­tivi di composizione e la determinazione delle misure indispensabili.

Le imprese o le amministrazioni che esercitano i servizi essenziali hanno l’obbligo d’informare gli utenti almeno cinque giorni prima dell’inizio dello sciope­ro, mediante mezzi adeguati; le stesse imprese ed amministrazioni sono te­nute, altresì, a fornire alla Commissione di garanzia le in­formazioni dalla stessa richieste (art. 2 co.l, 5 e 6). L’art. 2 co.1 san­cisce che nell’ambito dei servizi pubblici essenziali il diritto di sciopero sia esercitato nel rispetto di misure dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili per garantire la tutela dei diritti fondamentali degli utenti.

La specificazione: le competenze, specie per il giudizio d’idoneità. L’obbligo delle prestazioni indispensabili e delle altre misure necessarie è dunque imposto direttamente dalla legge. La specificazione del contenuto concreto di tale obbligo è rimessa al potere delle imprese e delle ammini­strazioni, che devono emanare appositi regolamenti di servizio previo ac­cordo con gli organismi sindacali, in conformità a quanto stabilito dai contratti di categoria o di comparto (art. 2 co. 2).

I contratti collettivi di categoria o di comparto cui gli esercenti del pubblico servizio devono attenersi sono sottoposti al giudizio della com­missione di garanzia, la quale ne accerta la rispondenza alle finalità della legge, quelle di tutela dei diritti fondamentali degli utenti.

La commissione di garanzia. La commissione di garanzia è composta da nove membri, scelti su designazione dei presidenti delle camere tra e­sperti di diritto costituzionale, di diritto del lavoro e di relazioni indu­striali e nominati con decreto del presidente della repubblica (art. 12).

Proposta, regolamentazione prov­visoria, disaccordo. La commissione di garanzia, nel caso in cui ritenga il contratto collettivo non rispondente alle finalità della legge invia alle stesse una proposta; se la proposta non viene accolta nell’arco di quindici giorni e se non si raggiunge una conciliazione corrispondente alla tutela dei di­ritti degli utenti, la commissione determina con propria delibera una rego­lamentazione provvisoria delle prestazioni indispensabili e delle altre mi­sure necessarie (art. 2 e art. 13).

Pur in mancanza di e­spressa previsione, deve ritenersi che la commissione possa emanare la re­golamentazione provvisoria altresì quando il contratto collettivo non ven­ga stipulato perché non si raggiunga l’accordo tra le stesse organizzazioni dei lavoratori, anche a seguito del referendum che la commissione può in­dire, di propria iniziativa o su richiesta di una delle organizzazioni sinda­cali che hanno preso parte alle trattative; il referendum, o consultazione, ha ad oggetto le clausole controverse, sempre che la commissione ne abbia accertato l’idoneità (art. 14). Il contratto collettivo giudicato idoneo assume il valore di un limite al potere delle imprese o delle ammi­nistrazioni di specificare le prestazioni indispensabili; limite mirante ad impedire che la regolamentazione delle prestazioni indispensabili e delle altre misure sacrifichi il diritto di sciopero più di quanto sia richiesto dal­l’esigenza di tutela dei diritti fondamentali degli utenti (tutela dello sciopero).

Codici per i lavoratori autonomi. Per quanto ri­guarda i lavoratori autonomi le prestazioni indispensabili e le altre misure vengono determinate mediante codici di autoregolamentazione adottati, su promozione della commissione di garanzia, dalle associazioni o dagli organismi di rappresentanza delle categorie interessate.

Su tali codici la stessa commissione di garanzia è tenuta ad esprimere il giudizio d’idonei­tà rispetto alla tutela dei diritti fondamentali degli utenti. In mancanza del codice, o d’inidoneità dello stesso, la commissione emana con propria de­libera la provvisoria regolamentazione (art. 2 bis).

È previsto un sistema di sanzioni a garanzia del rispetto della legge sullo sciopero nei servizi (art. 4).

A carico delle organizzazioni sindacali che prendano l’iniziativa dello sciopero senza il preavviso o senza il rispetto del limite delle misure indi­spensabili sono previste, sentita la commissione di garanzia, sanzioni con­sistenti nella sospensione dei permessi sindacali retribuiti e/o dei contri­buti sindacali per un ammontare economico complessivo non inferiore a 5.000.000 e non superiore a 50.000.000, con devoluzione all’Inps, gestione disoccupazione involontaria; inoltre può essere decisa l’esclusione dalle trattative sindacali per un periodo di due mesi dalla cessazione del com­portamento. Nel caso dell’impossibilità di applicare tali sanzioni la com­missione di garanzia delibera in via sostitutiva quelle di carattere pecunia­rio – di 5.000.000 ai 50.000.000 – a carico di coloro che rispondono legal­mente per l’organizzazione.

La procedura per l’applicazione di tali sanzioni può es­sere richiesta alla commissione di garanzia dalle parti interessate, dalle as­sociazioni degli utenti, dalle autorità nazionali o locali che vi abbiano in­teresse o può essere iniziata di ufficio dalla commissione di garanzia; a quest’ultima spetta l’apertura del procedimento di valutazione, con noti­fica alle parti che hanno trenta giorni per presentare osservazioni e per chiedere di essere sentite. Decorso tale termine e comunque non oltre ses­santa giorni dall’apertura del procedimento, la commissione decide, appli­cando le sanzioni sopra individuate, se ritiene che ne sussistano i presup­posti.

     Per i lavoratori sono previste san­zioni disciplinari, purché non estintive e non modificative del rapporto; nel caso di sanzioni pecuniarie, come la multa, l’importo è versato dal da­tore all’Inps, gestione disoccupazione involontaria; la procedura per l’ap­plicazione delle sanzioni è di competenza del datore di lavoro e dopo intervento della commissione di garanzia che prescrive al datore di applicare le sanzioni disciplinari (art. 131ett. i).

     Nei confronti dei responsabili delle amministrazioni o delle imprese che non adempiano gli obblighi previsti possono essere applica­te sanzioni pecuniarie da L. 5.000.000 a L. 50.000.000; alle medesime san­zioni sono assoggettate le associazioni dei lavoratori autonomi in solido con i singoli lavoratori autonomi. Il procedimento per l’applicazione delle sanzioni, che si conclude con l’ordinanza-ingiunzione della direzio­ne provinciale del lavoro, sezione ispettorato, è simile a quello già esami­nato al riguardo delle sanzioni da applicare alle organizzazioni sindacali.

Giurisdizione del lavoro. Contro i provvedimenti del da­tore e anche contro le deliberazioni della commissione di garanzia in materia di sanzioni, è ammesso il ricorso al giudice del lavoro (art. 20 bis co.1).

La procedura della precettazione e giurisdizione dei Tar. Se il sistema di tutela predisposto dalla legge non fosse sufficiente, il presidente del consiglio dei ministri, o un ministro da lui delegato, a livello nazionale ed il prefetto, a livello de­centrato, potrebbero, dopo un tentativo di conciliazione tra le parti so­ciali, da esperire nel più breve tempo possibile, dar luogo, anche tenendo conto dell’ eventuale proposta da parte della commissione di garanzia, alla precettazione, ossia all’imposizione agli stessi lavoratori come anche a soggetti terzi di svolgere l’attività lavorativa necessaria al fine della salva­guardia dei diritti fondamentali degli utenti (art. 8).

         Contro l’ordinanza è previsto il ricorso al Tar territorialmente competente, nel termine di sette giorni dalla comuni­cazione, con sospensione, anche parziale, dell’efficacia soltanto se decisa dallo stesso giudice amministrativo.

Le sanzioni per inottemperanza della precettazione. L’inottemperanza della precettazione da parte dei lavoratori subordinati o autonomi o da parte delle organizzazioni ed associazioni sindacali dà luogo a sanzioni pecuniarie – rispettivamente da 500.000 ad 1.000.000 e da 5.000.000 a 50.000.000 – irrogate dalla stessa autorità che ha emanato l’ordinanza, con la devoluzione delle somme all’Inps (art. 9). Per i responsabili delle ammi­nistrazioni e delle imprese è prevista la sanzione amministrativa della so­spensione dell’incarico.

Le sanzioni sono irrogate con decreto da parte della stessa autorità che ha emesso l’ordinanza; decreto impugnabile dinanzi al tribunale quale giudice unico, ai sensi degli artt. 22 ss L. 689/1981.

 

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