La riconduzione del contratto collettivo nella categoria del contratto di diritto comune, se ha preservato il sindacato dalla temuta attuazione del procedimento previsto dalla seconda parte dell’articolo 39 Cost., ha anche riproposto gli stessi problemi di limitata efficacia soggettiva ed oggettiva. Sotto il profilo della “forza” del vincolo giuridico, anche la disciplina generale dei contratti, contenuta nel Codice civile, non contiene disposizioni che consentano di affermare che gli atti di autonomia collettiva abbiano una “forza” superiore rispetto agli atti di autonomia individuale, posti in essere dai singoli lavoratori.

Di conseguenza, anche i lavoratori iscritti ai sindacati stipulanti avrebbero potuto pattuire per sé stessi condizioni peggiorative rispetto a quelle stabilite dal proprio sindacato con il contratto collettivo. Per evitare tale conseguenza, la dottrina ha tentato di affermare e spiegare la prevalenza del contratto collettivo sul contratto individuale, facendo riferimento, in particolare, alle disposizioni degli articoli 1723, comma 2, e 1726 del Codice Civile (che prevedono la irrevocabilità del mandato conferito anche nell’interesse del mandatario, o conferito da più persone per un interesse comune) o individuando nell’atto di adesione sindacale l’assoggettamento del singolo al potere del sindacato di dettare regole applicabili al suo rapporto di lavoro.

Si trattava, però, di ricostruzioni non del tutto appaganti. La soluzione di tale problema è stata offerta dalla giurisprudenza, che ha ritenuto applicabile anche al contratto collettivo di diritto comune, stipulato da libere organizzazioni sindacali, la disposizione che era stata dettata dall’articolo 2077 del Codice Civile in relazione ai contratti collettivi corporativi. Per effetto di tale giurisprudenza, che ha sostanzialmente operato in funzione normativa, il contratto collettivo di diritto comune non può essere derogato dal contratto individuale se non in senso più favorevole al lavoratore.

L’interpretazione giurisprudenziale è stata successivamente confermata dal legislatore con l’articolo 6 della legge 533 del 1973, che ha novellato l’articolo 2113 del codice civile. Secondo l’opinione prevalente, infatti, tale disposizione, prevedendo la invalidità delle rinunzie e delle transazioni aventi ad oggetto “diritti” derivanti da “disposizioni inderogabili della legge o dei contratti o accordi collettivi”, ha implicitamente riconosciuto alla contrattazione collettiva l’attributo della inderogabilità proprio della legge. Pertanto, si può affermare ormai che le disposizioni del contratto collettivo, analogamente a quelle della legge, operano come fonte eteronoma di regolamento dei singoli rapporti di lavoro.

 

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