Tra legge e contratto collettivo si instaurano rapporti di:

  1. Gerarchia. Sono rapporti basati sull’inderogabilità della norma legale da parte del contratto collettivo.
  2. Integrazione funzionale. Si tratta di rapporti incentrati sui rinvii operati dalla legge alla disciplina pattizia.

L’autonomia privata, anche collettiva, è subordinata alla legge, la quale detta una disciplina inderogabile da parte del contratto collettivo. In linea generale, pertanto, il contratto collettivo non può peggiorare i livelli di trattamento e le condizioni stabilite direttamente dal legislatore.

Le clausole che si ponessero in contrasto con le norme inderogabili di legge sarebbero nulle ai sensi dell’art.1418 c.c., anche se in verità è raro che il giudice dichiari nulle le clausole dei contratti collettivi; quando accade, in ogni caso, la nullità della clausola non comporta la nullità del contratto collettivo.

E’ normalmente ammessa la deroga in melius della disciplina legale da parte del contratto collettivo (è il principio del favor), a meno che la stessa legge non preveda una inderogabilità assoluta. In sostanza, quindi, il rapporto gerarchico tra legge e contratto collettivo è fondato sul principio inderogabilità in pejus – derogabilità in melius.

Questo schema tuttavia non esaurisce le forme di rapporto gerarchico tra legge e contratto collettivo. In qualche caso, infatti, la legge stabilisce una disciplina assolutamente inderogabile, anche in melius, superando il principio del favor. Si pensi per esempio all’art.2120 c.c. che, in materia di calcolo del trattamento di fine rapporto, prevede un divisore di 13,5 inderogabile da parte della contrattazione collettiva.

Quanto all’integrazione funzionale tra legge e contratto collettivo, si possono distinguere:

  1. rinvii in funzione integrativa
  2. rinvii in funzione autorizzatoria
  3. rinvii in funzione derogatoria
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