Si sostiene che condizione per l’applicazione della parte normativa del contratto collettivo è che entrambi i soggetti dei rapporti individuali, datori e prestatori di lavoro, siano iscritti alle associazioni sindacali stipulanti il contratto collettivo. La tesi, per quanto riguarda i lavoratori, non è esatta. La stessa giurisprudenza sostiene che il datore di lavoro vincolato al contratto debba applicarlo a tutti i dipendenti, anche a quelli non iscritti alle associazioni sindacali, come d’altra parte accade nella realtà.
I tentativi di spiegazione. Per spiegare tale efficacia si fa riferimento all’obbligo del datore, assunto nei confronti della propria associazione sindacale, di osservare il contratto collettivo nei confronti di tutti i dipendenti. Non vi è dubbio che tale obbligo viene assunto dal datore, ma è un obbligo che assume rilevanza soltanto nei rapporti tra il datore e la propria associazione sindacale, non anche nei rapporti del datore nei confronti dei propri dipendenti, che sono terzi rispetto al contratto tra il datore e la propria associazione.
Si è fatto riferimento anche al principio della parità di trattamento che imporrebbe al datore un trattamento uniforme per tutti i dipendenti, con l’applicazione della parte normativa del contratto collettivo. Ma tale principio non è generalmente ammesso dalla giurisprudenza, secondo la quale, su di esso prevale l’autonomia contrattuale.
Si è anche richiamata una valutazione di opportunità, in quanto al datore converrebbe applicare la parte normativa del contratto collettivo a favore di tutti i dipendenti, al fine sia di evitare una doppia contabilità sia di evitare d’incentivare la sindacalizzazione, che si avrebbe certamente se ai non iscritti non si applicasse la parte normativa del contratto collettivo.
La spiegazione nella rappresentanza d’interessi. Il datore è vincolato ad osservare il contratto collettivo a favore di tutti i dipendenti in quanto il sindacato dei lavoratori stipula il contratto in virtù non di poteri conferiti dai singoli lavoratori iscritti, ma di un potere, che deriva direttamente dall’art. 39 co. 1 cost., a tutela di un interesse collettivo unitario anche di quelli non iscritti. In conclusione, il sindacato dei lavoratori stipula il contratto collettivo sulla base di un potere di rappresentanza d’interessi, non di volontà, con conseguente estensione dell’efficacia della parte normativa del contratto a tutti i dipendenti, a prescindere dall’iscrizione.
Proprio il fatto che il contratto collettivo venga stipulato dal sindacato dei lavoratori sulla base di un potere unitario conferito dall’art. 39 co. 1 cost., deve far concludere che anche le organizzazioni sindacali non associative possano stipulare i contratti collettivi in rappresentanza degli interessi di tutti gli appartenenti alla categoria cui il contratto collettivo si riferisce.
L’efficacia per i soli datori iscritti. Per quanto riguarda i datori di lavoro, viceversa, il contratto collettivo vincola soltanto quelli iscritti alle associazioni sindacali.
La giurisprudenza ha individuato alcuni strumenti per estendere anche ai datori non iscritti l’efficacia. Anzitutto occorre che il datore eccepisca la mancata iscrizione al sindacato nei dieci giorni prima dell’udienza, al momento della costituzione in giudizio; superato tale termine, non essendo più esperibile l’eccezione, ne consegue una presunta iscrizione dell’imprenditore all’ associazione sindacale stipulante.
Il rinvio per comportamento concludente. Un altro modo di estensione del contratto collettivo al datore non iscritto è quello dell’interpretazione del comportamento concludente delle parti del rapporto individuale, dal quale desumere la volontà di recepire la parte normativa del contratto collettivo; il comportamento concludente può consistere nell’applicazione spontanea di tutte o di una parte importante delle norme che derivano dal contratto collettivo, da cui si può presumere l’intenzione delle parti di recepire per intero il contenuto normativo.
Spetta al giudice di merito accertare tale adesione una volta constatata l’applicazione di tutte le clausole o almeno del nucleo essenziale del contratto collettivo.
Il rinvio del contratto individuale al contratto collettivo, nella maggioranza dei casi assume il valore di un rinvio materiale, nel senso di ricezione soltanto della parte normativa del contratto collettivo esistente al momento del rinvio; dalla volontà delle parti si potrebbe, tuttavia, anche desumere la volontà di un rinvio formale, cioè di un rinvio al contratto collettivo come fonte di produzione, con conseguente applicazione automatica di tutte le modifiche che dovessero subentrare.
Vincolatività per gli imprenditori beneficiari di vantaggi pubblici. La legge è intervenuta per vincolare gli imprenditori non iscritti all’osservanza del contratto collettivo, secondo il modello dell’art. 36 st. lv, il quale obbliga all’osservanza del contratto collettivo nazionale gli imprenditori concessionari di appalti pubblici o di benefici, come gli sgravi fiscali e contributivi. La pubblica amministrazione deve curare l’inserimento nei capitolati di appalto o nelle convenzione per la concessione dei benefici pubblici delle clausole che vincolano gli stessi imprenditori all’osservanza dei contratti collettivi; clausole che hanno il valore, alla stregua dell’art. 1411 cc., di contratti a favore di terzi con la possibilità dei singoli lavoratori di agire direttamente nei confronti dell’imprenditore per ottenere l’osservanza della parte normativa dei contratti collettivi.
Se la clausola non viene inserita ai lavoratori è precluso un ricorso nei confronti del datore, essendo tuttavia possibile un’azione risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione che con il mancato inserimento ha dato luogo ad un comportamento illecito.
Efficacia temporale. Altro aspetto dell’efficacia del contratto collettivo è quello temporale; il contratto collettivo ha efficacia quadriennale per gli aspetti normativi ed efficacia biennale per la parte economica, dovendosi adeguare ogni due anni l’inflazione programmata a quella reale. Se il contratto collettivo non viene rinnovato alle scadenze previste, ne deriva la proroga automatica (ultrattività). In ogni caso l’accordo interconfederale del luglio del 1993 ha previsto la c.d. indennità di vacatio che viene corrisposta per il periodo dalla scadenza del contratto al rinnovo dello stesso. A volte il nuovo contratto collettivo sancisce la retro attività, nel senso di far decorrere l’efficacia del contratto non dal momento della stipulazione, ma da quello della scadenza del precedente.