Le ragioni della riforma. Le ragioni per le quali negli anni 90 si è avuto un vasto dibattito sulla riforma del sistema pensionistico sono molte; in particolare il processo di profonda modifica ancora in atto è stato deterÂminato sia dall’esigenza di dare maggiore unitĂ ad un sistema fortemente differenziato tra pubblico e privato, sia dall’esigenza di risanamento della finanza non soltanto degli enti previdenziali, ma anche dello stato, il quaÂle, come giĂ rilevato, interviene per fronteggiare il deficit degli enti previÂdenziali.
Le cause che hanno determinato l’aumento del costo delle pensioni consistono, anzitutto, nel fattore demografico delÂl’aumento della popolazione anziana per l’allungamento dell’etĂ meÂdia e per la contrazione delle nascite.
Inoltre la determinazione delle pensioni si basaÂva, secondo il criterio retributivo, sull’ultima retribuzione, nel settore delÂlo stato e degli enti locali, e degli ultimi cinque anni di retribuzione nel settore privato e nel parastato, con conseguente importo superiore a quelÂlo consentito dalla copertura contributiva.
Le pensioni baby. Si aggiunga la considerazione delle pensioni di anÂzianitĂ , soprattutto le c.d. pensioni baby alle donne sposate o con figli, alÂle quali veniva riconosciuto un abbuono di 5 anni sui 19 anni sei mesi ed un giorno, anzianitĂ che era richiesta per le pensioni dello stato.
    Ripartizione e solidarietĂ generazionale. L’alto costo del sistema penÂsionistico grava, a parte l’intervento finanziario dello stato, sulla popolaÂzione attiva, in considerazione del sistema di ripartizione, in base al quale il costo complessivo pensionistico viene determinato non in ragione del calcolo attuariale delle prestazioni future, come avviene nelle assicurazioÂni, ma in ragione del costo sostenuto o da sostenere per l’erogazione delle pensioni attuali; ne consegue una solidarietĂ di tipo generazionale, in quanto è la popolazione attiva che sopporta il costo delle prestazioni a faÂvore della popolazione passiva.
Considerando l’aumento della popolazione passiva, della disoccupazione e dei lavoratori precari, si comÂprende l’aggravarsi del carico pensionistico sulle retribuzioni, che ha deÂterminato il rincaro del costo della forza lavoro a causa dell’aumento degli oneri sociali.
La riforma, che si è avuta con i decreti leÂgislativi del 1992 e con la L. 335/1995, ha dato luogo ad una riduzione della tutela pensionistica, senza che tuttavia siano stati pregiudicati i diritti quesiti dei lavoratori giĂ in pensione; comunque, anche le prestazioni per il futuro, differenziate in ragione della minore o maggiore anzianitĂ conÂtributiva giĂ maturata, non sono state abbassate al di sotto del minimo dei mezzi adeguati alle esigenze di vita dei lavoratori, richiesto dall’art. 38 co. 2 cost..
Deve anzi rilevarsi che è stato predisposto, con norme transitorie, una passaggio graduale dal vecchio al nuovo regime, con il rispetto dell’anzianitĂ contributiva giĂ maturata.