La formazione del contratto di lavoro nel passato doveva essere preceduta dall’avviamento al lavoro, che avveniva tramite gli uffici di collocamento, organi dello stato che avevano, ma soltanto formalmente, il monopolio della mediazione tra domanda ed offerta di lavoro e, quindi, del governo del mercato del lavoro.
La procedura di collocamento iniziava con la richiesta numerica al competente ufficio; al datore, salve le ipotesi eccezionali in cui era consentita la richiesta nominativa, era consentito indicare il numero dei lavoratori di cui aveva bisogno, con la specificazione della categoria e della qualifica; l’ufficio avviava al lavoro secondo una graduatoria formata sulla base di criteri attinenti allo stato di bisogno.
Nella realtà non più del 5% dei rapporti di lavoro si costituiva in seguito alla procedura di collocamento; per la restante parte la costituzione del rapporto prescindeva dal rispetto del collocamento pubblico, con eventuale regolarizzazione soltanto dopo le assunzioni avvenute grazie alla mediazione di altri soggetti o anche direttamente.
Tra le ragioni della scarsa applicazione della legge sul collocamento (L.604/1949, L.56/1987) vi era la scarsa forza deterrente delle sanzioni pecuniarie, di natura amministrava: al datore, conveniva di più la selezione della mano d’opera correndo il rischio di pagare l’ammenda che assumere lavoratori non scelti direttamente.
La liberalizzazione del reclutamento di mano d’opera. Il regime vincolistico del governo del mercato del lavoro, basato sulle assunzioni tramite gli uffici di collocamento si è liberalizzato, prima con la generalizzazione della richiesta nominativa (L. 223/1991), poi con la liceità dell’assunzione diretta, anche nei settori speciali dell’agricoltura e dello spettacolo (art. 9 bis L. 608/1996) ed infine con l’ammissione della mediazione privata da parte di agenzie appositamente autorizzate (d.1gs. 469/1997 e art. 1 decr. min. 8 maggio 1998). La sistemazione della materia dovrà essere attuata dai decreti legislativi previsti dalla legge delega approvata il 5 febbraio 2003, che fissa i principi cui il governo si dovrà attenere per la semplificazione e la modernizzazione delle procedure d’incontro tra domanda ed offerta di lavoro.
I limiti che permangono. Gli unici limiti ancora esistenti sono quello dell’assunzione soltanto dei lavoratori iscritti nelle liste e quello della comunicazione delle assunzioni , entro 5 giorni, agli uffici competenti, i centri per l’impiego, senza il preventivo intervento degli uffici di collocamento (art. 9 bis co. 2 L. 608/1996). Le assunzioni possono anche avvenire mediante bandi di concorso, come avviene con gli enti pubblici economici e con le grandi società; deve ritenersi che siano nulli i criteri che precludono la partecipazione senza che sussista un’adeguata ragionevolezza, come quelle che ammettono soltanto i figli di ex dipendenti o dipendenti a condizione, per questi ultimi, che si dimettano dal loro posto di lavoro.
L’iscrizione dei lavoratori, con l’età per essere ammessi al lavoro, che nel passato avveniva in liste locali, avviene ora in liste nazionali di persone inoccupate, ossia alla ricerca di una prima occupazione, o disoccupate, o occupati ma alla ricerca di altra occupazione; nell’elenco devono essere specificati i dati anagrafici, la residenza, l’eventuale domicilio, la composizione del nucleo familiare, i titoli di studio posseduti, lo stato occupazionale e l’eventuale appartenenza alle categorie protette dalle assunzioni obbligatorie (art. 4 co. 1 reg. 7 luglio 2000, n. 442). L’iscrizione nell’elenco per i lavoratori cittadini e comunitari non ha limiti di tempo; quella dei lavoratori extracomunitari per il periodo di validità residua del permesso di soggiorno e comunque per un periodo non superiore ad un anno.
Ai fini dell’iscrizione assume rilevanza anche quanto disposto dall’art.1 d.lgs. 181/2000, la seguente classificazione dei lavoratori: a) adolescenti non più soggetti all’obbligo scolastico; b) giovani, cioè i soggetti dai 18 ai 25 anni compiuti, o diversa età stabilita dal ministro del lavoro; c) disoccupati di lunga durata, cioè coloro che hanno perso un posto di lavoro o cessato un lavoro autonomo da più di 12 mesi; d) inoccupati di lunga durata, cioè coloro alla ricerca da più di 12 mesi di una prima occupazione; e) donne in reinserimento lavorativo dopo anni d’inattività; f) disoccupati o inoccupati – anche se con un lavoro per non più di 20 ore la settimana o con uno o più contratti a termine per una durata complessiva non superiore ai quattro mesi.
I vantaggi e i pericoli della liberalizzazione. La liberalizzazione del governo del mercato del lavoro ha comportato per i datori una prerogativa essenziale, quella della selezione della mano d’opera in modo che la stessa possa rispondere alle esigenze aziendali. Si ravvisa, tuttavia, l’esigenza di un maggiore controllo pubblico, o anche sindacale, tale da garantire che la scelta del datore non avvenga in contrasto con il principio della parità di trattamento, oltre che con i divieti di discriminazione sanciti dalla legge.
Gli organi del collocamento sono stati decentrati a livello regionale o degli altri enti locali, sia quelli collegiali, come la commissione regionale per l’impiego, con compiti di programmazione delle politiche del lavoro e quella provinciale, con compiti soprattutto di consultazione, sia quelli burocratici, come i centri per l’impiego, che appartengono alla provincia (artt. 4-6 d.1gs. 469/1997).
Marginalità della formazione delle graduatorie. Tali organi sono stati in buona parte sollevati dal compito della formazione delle graduatorie professionali necessarie soltanto per l’avviamento numerico presso le pubbliche amministrazioni dei lavoratori con il titolo della scuola dell’obbligo e quindi con bassa qualifica (art. 16 L. 56/1987).
I servizi. Essi potrebbero svolgere importanti servizi dal lato dell’offerta di lavoro, a favore dei lavoratori, per rafforzarli sul mercato del lavoro; i servizi dovrebbero consistere soprattutto nella circolazione di notizie attinenti alle esigenze del mercato del lavoro sull’intero territorio nazionale (art. 3 d.1gs. 181/2000). A ciò si collega un’attività di orientamento e di formazione professionale mirata a consentire un rapido adeguamento dei lavoratori alle stesse esigenze del mercato, sia sotto il profilo professionale che spaziale. Per la mobilità territoriale gli uffici di collocamento danno luogo, anche a servizi sociali, come quelli di aiutare i lavoratori a risolvere i problemi dell’alloggio e della sistemazione ambientale. Per quanto riguarda l’intervento sui datori, ossia sulla domanda di lavoro, essi dovrebbero mirare ad incentivare, con misure economiche previste dalle leggi, il ricorso al fattore lavoro, anche con assunzioni flessibili, se le sole rispondenti agli interessi delle aziende.
Il reclutamento nel pubblico impiego. L’assunzione presso le p.a. regolata dall’art. 35 d.1gs. 165/2001, avviene mediante contratto, tuttavia preceduto da una procedura selettiva che rientra nella materie non privatizzate, riservate alla competenza esclusiva della legge, non del contratto collettivo. La selezione del personale avviene mediante concorso volto all’accertamento della professionalità richiesta rispettando i principi della pubblicità della trasparenza e dell’imparzialità, con il rispetto delle pari opportunità; le procedure concorsuali sono solitamente decentrate a livello regionale con la composizione della commissione da parte di esperti che possano garantire un rigoroso accertamento delle professionalità richieste, oltre che della conoscenza dell’uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e di almeno una lingua straniera (art. 37 d.lgs. 165/2001).
Per i lavoratori con le qualifiche e i profili che richiedono il solo requisito della scuola dell’obbligo, l’assunzione avviene tramite l’avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento, con richiesta numerica anche per le assunzioni obbligatorie. Una volta avviati dall’ufficio di collocamento, i lavoratori sono selezionati mediante test attitudinali cui sono sottoposti da parte della p.a. Le assunzioni avvengono nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno di personale (art. 39 L. 449/1997), condizionatamente all’impossibilità di ricollocazione dei lavoratori in mobilità (art. 34 d.lgs.165/2001).