Soprattutto in un momento come quello attuale in cui si assiste ad una sorta di arretramento della pensione pubblica o obbligatoria, assume rilievo e comincia a diffondersi la pensione complementare.
Essa è espressamente prevista dalla legge; come norma base si fa riferimento al d.lgs. 124/1993 che ne stabilisce il carattere volontario e facoltativo e le finalità che sono quelle d’integrare la pensione pubblica o obbligatoria per avvicinare l’importo complessivo a quello del reddito di lavoro sia subordinato che autonomo, ed infatti i destinatari sono gli stessi lavoratori che usufruiscono della pensione pubblica
Avvicinamento finalistico alla pensione pubblica. Lo scopo d’integrazione della pensione pubblica conferisce a quella complementare una natura più simile alla previdenza pubblica che a quella privata; ne consegue l’inquadramento ma nei commi 2 e 4 dell’art.38 cost. come un istituto predisposto ed integrato dallo stato per assicurare ai lavoratori mezzi adeguati alle loro esigenze di vita nel caso di verificarsi di eventi, come quelli pensionistici, che riducono o eliminano la capacità lavorativa.
Le fonti normative. Le fonti normative della pensione complementare sono i contratti collettivi di categoria o, nel settore pubblico, di comparto; potrebbero essere anche i contratti aziendali con riferimento a singole unità produttive o a singole imprese. Per i lavoratori parasubordinati si configura come fonte un contratto tra le loro organizzazioni sindacali e le associazioni di committenti.
Vincolatività per i datori ed i committenti. I contratti collettivi potrebbero imporre ai datori o ai committenti, sempre se iscritti alle associazioni sindacali stipulanti, il pagamento di contributi per la pensione complementare; deve escludersi l’obbligatorietà del contributo a carico dei prestatori, proprio in considerazione della volontarietà della pensione complementare.
Al posto dei contratti collettivi potrebbero essere stipulati accordi tra gli stessi lavoratori, che tuttavia non potrebbero imporre contributi ai datori o ai committenti non essendo questi parti dell’accordo; viceversa, potrebbero stabilire l’obbligatorietà nei confronti dei lavoratori che aderiscono all’accordo, essendo l’adesione espressione della libertà degli stessi lavoratori.
In mancanza di contratti collettivi e di accordi tra i lavoratori le fonti della pensione complementare potrebbero essere, come per i pubblici dipendenti non privatizzati, i regolamenti di servizio.
I fondi aperti e chiusi. Le fonti normative costituiscono i fondi per la pensione complementare, aperti o chiusi. Sono aperti i fondi cui possono aderire tutti i lavoratori a prescindere da criteri di appartenenza ad una determinata categoria o impresa; criteri viceversa richiesti per l’adesione ai fondi chiusi.
La forma giuridica è quella dell’associazione riconosciuta per i fondi relativi a categorie o comparti; per i fondi relativi ad unità produttive, imprese o gruppi d’imprese è sufficiente la forma dell’associazione non riconosciuta.
La gestione e l’erogazione di prestazioni. La gestione dei fondi è rimessa ad istituti specializzati, come quelli mobiliari o le compagnie assicurative; anche l’erogazione delle prestazioni avviene da parte di compagnie assicurative sulla base di apposite convenzioni.
Il finanziamento dei fondi avviene mediante contributi a carico dei lavoratori che liberamente abbiano aderito al fondo e contributi a carico dei datori o committenti se previsti dai contratti collettivi.
I lavoratori potrebbero devolvere anche parte del tfr; per i lavoratori il cui rapporto sia iniziato dopo il 31 dicembre 1992 il finanziamento dovrebbe avvenire, sempre sulla base della previsione da parte dei contratti collettivi, con la devoluzione dell’intero trattamento di fine rapporto.
Tipi di contributi: lavoratori subordinati ed autonomi. Per i lavoratori subordinati e parasubordinati, i contributi devono essere determinati senza alcun collegamento con le prestazioni, che potrebbero far variare l’importo dei contributi; per i lavoratori autonomi è invece ammesso il collegamento tra l’importo dei contributi, perciò variabile, con il reddito di lavoro o con l’ammontare della pensione pubblica.
Natura dei contributi. I contributi a carico dei datori non rappresentano una forma neppure indiretta di retribuzione, con conseguente esclusione di assoggettamento alla contribuzione pubblica; tuttavia su di essi i datori sono tenuti al pagamento di un contributo di solidarietà. I contributi a carico dei lavoratori sono viceversa assoggettati ai contributi pubblici, essendo gli stessi riscossi mediante trattenute sulla retribuzione.
I contributi sia a carico degli stessi lavoratori sia a carico dei datori o committenti concorrono alla formazione delle posizioni contributive, che sono incrementate secondo i tassi di ciascun fondo.
La duplice natura. Le posizioni contributive presentano la natura di aspettative di diritto se viste con riferimento alla situazione finale, che è quella del conseguimento della pensione; esse, tuttavia, costituiscono anche delle situazioni definitive, che possono costituire oggetto di atti di disposizione, ad es. il trasferimento della posizione contributiva da un fondo ad un altro, quale potrebbe essere un fondo aperto o un altro fondo chiuso del quale il lavoratore abbia i requisiti di appartenenza.
Perdita dei requisiti di appartenenza. Nel caso di perdita di tali requisiti, come nel caso di licenziamento, il lavoratore potrebbe mantenere la posizione contributiva presso il fondo anche chiuso del quale non abbia più i requisiti, senza possibilità di versare altri contributi, fermo restando l’incremento in base ai relativi tassi del fondo; oppure potrebbe decidere il trasferimento presso un fondo aperto, fermo restando il congelamento per la mancanza di versamento di altri contributi.
Altro atto di disposizione è il riscatto, ammesso soltanto nel caso di perdita dei requisiti di appartenenza.
Le misure in caso di dissesto del fondo. Nel caso di dissesto del fondo sono previste misure rivolte a fronteggiarlo, come l’amministrazione controllata; se il dissesto dovesse essere irreversibile subentrerebbe l’amministrazione straordinaria.
Mancanza di adeguata tutela. Non sono previsti istituti di tutela dei lavoratori e dei pensionati nel caso di inadeguatezza del patrimonio attivo del fondo a garantire il diritto alla posizione contributiva o alla pensione. Anche l’apposito fondo di garanzia costituito presso l’Inps dal d.lgs. 80/1992 garantisce soltanto il versamento dei contributi non pagati dal datore di lavoro.
Le prestazioni. Le prestazioni potrebbero essere erogate non soltanto per la pensione di vecchiaia e di anzianità ma anche per il trattamento d’invalidità, d’inabilità ed ai superstiti.
I requisiti. Condizione per le prestazioni pensionistiche complementari è il conseguimento dei requisiti per la pensione pubblica; gli altri requisiti sono previsti dai contratti collettivi, con la previsione da parte della legge di un minimo di cinque anni di posizione contributiva complementare per la pensione di vecchiaia e di un minimo di quindici anni per la pensione di anzianità, per la quale è richiesta un’età anagrafica di non più di dieci anni inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia.
I requisiti previsti dai contratti collettivi potrebbero essere modificati, fermo restando la salvaguardia delle pensioni già conseguite e le posizioni dei lavoratori che abbiano già maturato i precedenti requisiti pur non essendo stati ancora ammessi al conseguimento della pensione.
Anche la determinazione dell’importo della pensione è rimessa ai contratti collettivi, che potrebbero dar luogo a mutamenti anche peggiorativi.
Le prestazioni devono rispondere al principio della corrispettività con le posizioni contributive acquisite e al principio della capitalizzazione, come previsto per le assicurazioni, anziché al principio della ripartizione, vigente per le pensioni pubbliche. Le prestazioni vengono erogate periodicamente, sempre che non venga richiesta la corresponsione in capitale, ammessa soltanto per il 50%.