L’individuazione del campo di applicazione della disciplina speciale in esame presuppone venga identificato cosa si intende per “azienda” e cosa si intende per “trasferimento”. In base alla definizione generale dettata dall’articolo 2555 del Codice Civile, “l’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. Tuttavia, ai fini dell’applicazione delle norme a tutela dei lavoratori, viene adottata una nozione più ampia, tale da ricomprendere una qualsiasi “attività economica organizzata”.

Ai predetti fini, quindi, non è necessario che il trasferimento abbia ad oggetto, o ricomprenda, beni materiali, essendo sufficiente che esso abbia ad oggetto l’organizzazione di una attività economica, ossia il complesso di rapporti giuridici che costituiscono tale organizzazione. Con la conseguenza che la disciplina lavoristica del trasferimento di azienda può trovare applicazione anche nell’ipotesi in cui il trasferimento riguardi esclusivamente un insieme organizzato di lavoratori, quanto tale insieme sia idoneo ad esercitare una attività economica organizzata. Inoltre, essendo irrilevante che l’attività economica organizzata abbia o no scopo di lucro, l’articolo 2112 del Codice civile è applicabile, in linea di principio, anche nell’ipotesi del trasferimento operato da datori di lavoro non imprenditori.

Infine, l’attività economica organizzativa deve essere “preesistente” al trasferimento e conservare la propria identità nel trasferimento. Il requisito della “preesistenza” assicura che l’organizzazione trasferita costituisca effettivamente, all’atto del trasferimento, un idoneo e compiuto strumento di esercizio di attività economica. La disciplina lavoristica del trasferimento di azienda trova applicazione anche nel caso in cui il trasferimento abbia ad oggetto soltanto una “parte dell’azienda”, definita quale “articolazione funzionalmente autonoma di una attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”.

Sembrerebbe, quindi, rientrare in tale definizione anche il trasferimento di una parte dell’azienda che non abbia una “preesistente” autonomia funzionale, ma sia stata creata ad hoc al fine del suo trasferimento, unendo singoli beni e rapporti precedentemente non organizzati in modo autonomo tra loro. La giurisprudenza nazionale, però, preoccupata del possibile uso distorto della normativa interna, è orientata nel senso di ritenere comunque necessario il requisito della “preesistenza”, poiché considera tale requisito implicitamente desumibile dalla previsione in base alla quale la parte dell’azienda trasferita deve costituire una “articolazione funzionalmente autonoma” di una attività economica già “organizzata”.

Anche per quanto riguarda il “trasferimento”, vale una nozione assai ampia. La legge, infatti, fa esplicito riferimento a specifici negozi giuridici, quali la cessione contrattuale, la fusione, l’usufrutto e l’affitto, ma, precisa che per trasferimento di azienda deve intendersi qualsiasi altra operazione che comporti il mutamento nella titolarità dell’attività economica organizzata, “a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato”.

Il riferimento alla figura del “provvedimento”, peraltro, consente di ritenere che si configuri trasferimento di azienda, o di ramo di azienda, anche nell’ipotesi in cui il mutamento della titolarità dell’azienda sia avvenuto sulla base di atto autoritativo della pubblica amministrazione o del potere giurisdizionale, sempreché tale atto implichi il passaggio di una attività economica organizzata. Non si configura, pertanto, trasferimento di azienda nell’ipotesi in cui un imprenditore subentri nell’esecuzione di un appalto o in una concessione amministrativa di cui in precedenza era titolare un diverso imprenditore, a meno che non si verifichi anche un subentro nell’organizzazione predisposta dal precedente appaltatore.

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