La legislazione in materia di lavoro presenta alcune note caratteristiche. Anzitutto, le disposizioni della legge hanno, normalmente, carattere imperativo, e sono di conseguenza inderogabili, essendo dettate a protezione del contraente debole o per il soddisfacimento di altri interessi pubblici generali. Le eventuali clausole contrattuali difformi sono, quindi, nulle e vengono sostituite di diritto dalle norme imperative di legge.

In secondo luogo, le disposizioni della legge, quando hanno ad oggetto la disciplina del rapporto individuale di lavoro, prevedono, normalmente, condizioni minime di tutela a favore del lavoratore. Ciò significa che l’inderogabilità comporta che le parti del rapporto non possono concordare condizioni peggiorative di quelle minime, ma restano libere di stabilire condizioni più favorevoli per il lavoratore. In terzo luogo, e questa è una caratteristica esclusiva, le disposizioni di legge che regolano i rapporti di lavoro operano, normalmente, integrandosi con la disciplina dei contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali.

Tale integrazione può avvenire in diverse forme e modalità, ma costituisce una costante del diritto del lavoro. La necessità di quell’integrazione, invero, è coerente con il riconoscimento della libertà sindacale, dalla quale deriva anche la libertà di contrattazione collettiva. I rapporti instaurati tra Stato e sindacati rivestono un rilievo determinante ai fini dello studio del diritto del lavoro.

Va tenuto presente che il legislatore ha attribuito anche alle clausole dei contratti collettivi il carattere dell’inderogabilità. Cosicché anche tali clausole, quando prevedono condizioni minime di tutela del lavoratore, prevalgono sulle clausole individuali difformi, sostituendole di diritto. Le disposizioni dettate dalla legge (e dalla contrattazione collettiva) regolano tutti gli aspetti più rilevanti del rapporto di lavoro, dalla costituzione allo svolgimento sino all’estinzione. Assai ridotto, quindi, è lo spazio di applicazione che residua per altre fonti del diritto gerarchicamente sottoordinate, quale gli usi normativi e l’equità.

 

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