Ai sensi dell’articolo 40 della Costituzione, “il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”. Ciò significa che lo sciopero è un diritto, ma, diversamente dal diritto di libertà sindacale di cui al primo comma dell’articolo 39 della Costituzione, il suo esercizio deve essere regolato dalla legge. Tuttavia, dell’articolo 40 è stata presto riconosciuta l’immediata precettività. Di conseguenza, anche in assenza di leggi che ne regolino l’esercizio, il diritto di sciopero opera direttamente sia nei rapporti tra Stato e cittadini, sia nei rapporti tra privati.

Per quanto riguarda il primo ambito di tali rapporti, esso configura un diritto assoluto della persona. Sul piano dei rapporti tra soggetti privati, il diritto di sciopero configura un diritto potestativo dei lavoratori nei confronti del quale il datore di lavoro si trova in una posizione di mera soggezione. Ne deriva che lo sciopero, pur consistendo in una astensione dalla prestazione di lavoro, non determina un inadempimento dell’obbligazione di lavorare, bensì realizza una legittima sospensione di tale obbligazione, alla quale corrisponde la sospensione dell’obbligazione di retribuire che grava sul datore di lavoro.

La titolarità del diritto di sciopero è individuale, ma il suo esercizio è necessariamente collettivo. La dottrina prevalente, però, ritiene che di tale diritto non sarebbero titolari le organizzazioni sindacali, e tale opinione è basata, in sostanza, su tre assunti: a) lo sciopero può essere attuato anche da gruppi di lavoratori non organizzati in sindacato; b) anche i lavoratori non iscritti ai sindacati possono partecipare allo sciopero; c) al di fuori del campo di applicazione della legge n.46 del 1990, lo sciopero può essere attuato anche senza preavviso.

Tuttavia, pur essendo esatti tali assunti, l’opinione che su di essi è basata non è condivisibile, perché: anzitutto non tiene adeguatamente conto del fatto che l’attuazione dello sciopero da parte del singolo lavoratore presuppone necessariamente una decisione collettiva di attuarlo. Lo sciopero presuppone sempre che vi sia un momento deliberativo o decisionale, che è concettualmente e naturalisticamente distinto dalla sua attuazione.

Ciò posto, non vi è dubbio che la deliberazione di scioperare non può essere riservata esclusivamente ai sindacati aventi determinate caratteristiche, e deve essere, quindi, riconosciuta a qualsiasi collettività di lavoratori, anche organizzata in modo rudimentale ed occasionale. Ma ad una tale collettività, nel momento stesso in cui essa individua un interesse collettivo da perseguire con l’esercizio dello sciopero, non può essere negata la qualificazione di sindacale.

Si deve, quindi, ritenere che il diritto di sciopero, pur essendo individuale, è condizionato ad una decisione che compete esclusivamente ad una collettività di lavoratori, anche organizzata in modo rudimentale, i quali intendano perseguire un interesse economico professionale ad essi comuni e non già un interesse esclusivamente individuale.

 

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