Sono sicuramente titolari della libertà sindacale i lavoratori subordinati, sia privati che pubblici, e i loro sindacati. Alcune limitazioni alla libertà sindacale sono espressamente previste nei confronti dei militari e degli appartenenti alla polizia, in ragione della particolarità della loro attività. Per esempio, per i poliziotti si riconosce il diritto di svolgere attività sindacale e di associarsi in sindacati formati, diretti e rappresentati esclusivamente da appartenenti alla polizia di Stato, ma è vietato il diritto allo sciopero.
Non è pacifico, invece, il riconoscimento della titolarità della libertà sindacale in capo ai lavoratori autonomi, a causa sia della non omogeneità degli interessi perseguiti, sia dalla scarsa propensione ad organizzarsi sindacalmente (ad eccezione degli agenti e dei rappresentanti di commercio).
Il lavoro autonomo abbraccia situazioni lavorative molto diversificate, perché a fronte di soggetti che hanno una sostanziale parità contrattuale con i loro committenti, esiste una vasta gamma di rapporti di lavoro autonomo contrassegnati dalla debolezza economica del collaboratore.
Alla luce di ciò, il combinato disposto degli articoli 35 e 39 della Costituzione consentirebbe di riconoscere ai lavoratori autonomi ed economicamente deboli, il diritto di organizzarsi sindacalmente a tutela dei loro interessi collettivi. Ad ogni modo oggi non esistono sindacati di lavoratori autonomi deboli.
Occorre distinguere il sindacato dagli ordini professionali. Gli ordini professionali sono organismi pubblici che assolvono ad una funzione essenzialmente garantistica di tutela dell’interesse al decoro, anche economico, della professione e di controllo della correttezza del professionista, nei confronti del quale l’ordine può irrogare sanzioni disciplinari. Si può dire, pertanto, che l’ordine tutela lo status del professionista in quanto tale.
Il principio della libertà sindacale è riferibile, secondo la dottrina maggioritaria, anche all’imprenditore e alle associazioni degli imprenditori. Poiché le relazioni sindacali sono negoziali, non si può negare natura sindacale alle associazioni degli imprenditori in quanto parti del contratto collettivo come i sindacati dei lavorator.
Si aggiunge, a sostengo di questa tesi, la denominazione di associazione sindacale riservata anche all’associazione degli imprenditori contenuta nella normativa internazionale. Storicamente nasce prima il sindacato dei lavoratori, mentre le associazioni degli imprenditori si formano successivamente: il sindacato degli imprenditori è un sindacalismo di risposta ed eventualmente non necessario.
La libertà di associazione e la libertà negoziale degli imprenditori non hanno una dimensione autenticamente collettiva, in quanto proiezioni dell’iniziativa economica privata; pertanto la garanzia di tali libertà va ricercata non tanto nell’art. 39 comma 1, quanto nel combinato disposto degli articoli 18 e 41 Cost.
Occorre infine precisare che la dottrina della libertà sindacale unilaterale, cioè quella che nega l’esistenza di una titolarità sindacale degli imprenditori, non nega bilateralità delle relazioni sindacali, ma prende atto che l’associazione degli imprenditori, non presentando le stesse caratteristiche del sindacato dei lavoratori, non ha natura sindacale.