L’art.39 comma 1 Cost garantisce la libertà sindacale anche nella sua dimensione collettiva, cioè riconosce ai sindacati il diritto di organizzarsi liberamente. Tale libertà sindacale esclude in radice l’esistenza di un sindacato unico. Talmente è ampia la libertà di costituire organizzazioni sindacali, che nel nostro ordinamento non esiste neppure un esplicito divieto di costituire i sindacati di comodo, cioè quelli sostenuti dai datori di lavoro (i cosiddetti “sindacati gialli”).

In effetti, l’art.17 St. Lav. si occupa di vietare ai datori di lavoro e alle associazioni di costituire e sostenere, con mezzi finanziari, le organizzazioni sindacali dei lavoratori: la sanzione non può comportare lo scioglimento del sindacato di comodo, ma soltanto la cessazione del sostegno al sindacato stesso da parte del datore di lavoro.

La libertà sindacale implica anche la piena libertà di organizzazione: i sindacati possono autonomamente scegliere sia il criterio di aggregazione (sindacato di mestiere o per ramo di industria), sia la forma giuridica (associativa o non associativa).

I commi 2, 3 e 4 dell’art. 39 Cost, prevedono una procedura di registrazione dei sindacati presso uffici locali o centrali finalizzata al riconoscimento della persona giuridica. Tali commi non sono stati attuati a causa dell’opposizione dei sindacati, che così hanno inteso non solo preservare la loro libertà di azione, ma anche evitare ogni forma di interferenza e di controllo da parte dell’amministrazione pubblica. La conseguenza è che i sindacati non hanno personalità giuridica ed i contratti collettivi da loro stipulati hanno il valore di contratti di diritto comune.

Un altro profilo della libertà sindacale collettiva concerne la possibilità di inquadramento sindacale. Nell’ordinamento corporativo, le categorie erano autoritativamente individuate dalla legge, la quale riconosceva ad un unico sindacato la rappresentanza di tutti i lavoratori appartenenti ad una determinata categoria.

Con l’avvento della Costituzione sono gli stessi sindacati a determinare la categoria in cui operano; pertanto non esiste una categoria ontologica o autoritativamente determinata, ma la categoria è determinata dalle parti e, quindi, è un posterius rispetto al sindacato. Sono quindi le parti che determinano di comune accordo quale sia il contratto collettivo applicabile ed il suo ambito di applicazione; e talvolta può accadere che le parti decidano di applicare un contratto collettivo che non sia corrispondente all’attività merceologica esercitata dal datore di lavoro.

 

Conflitti di giurisdizione e libertà negoziale

Quando più associazioni sindacali si dichiarano rappresentative di una stessa categoria, o quando sussiste un dissenso tra le associazioni sindacali sull’ambito di applicazione del contratto collettivo, si parla di conflitti di giurisdizione.

Un altro profilo della libertà sindacale riguarda la libertà negoziale riconosciuta ai sindacati dall’art.39 Cost. In sostanza le organizzazioni sindacali possono regolare da sé i propri interessi, attraverso la stipula di contratti collettivi con il singolo datore di lavoro (contratto collettivo aziendale) o con la contrapposta associazione dei datori di lavoro (contratto collettivo nazionale di categoria).

La libertà negoziale implica la libertà di scegliere la propria controparte contrattuale. Infatti, in applicazione del principio della libertà sindacale sancito dall’art.39, nel lavoro privato vale il principio del reciproco accreditamento e pertanto non sussiste un obbligo a negoziare per il datore di lavoro.

Per completezza, è opportuno segnalare che in alcune ipotesi espressamente previste dalla legge, il datore di lavoro è obbligato a convocare per le trattative i sindacati comparativamente più rappresentativi.

Infine è bene chiarire che non costituisce condotta antisindacale il rifiuto dell’imprenditore di avviare le trattative con un determinato sindacato, se la legge non individua quel sindacato come soggetto legittimato a trattare. Ad esempio, è considerata condotta antisindacale il rifiuto del datore di lavoro di consultare il sindacato in caso di trasferimento in azienda e nella procedura di licenziamento collettivo, in quanto espressamente previsto dalla legge.