Il contratto collettivo è un contratto stipulato tra soggetti collettivi, ovvero, in particolare, tra le contrapposte associazioni sindacali (o altri organismi rappresentativi) dei lavoratori e degli imprenditori. Tali associazioni, tuttavia, non entrano nel contratto per sé stesse, quanto piuttosto per realizzare gli interessi dei soggetti ai quali si rivolgono, che sono, in primis, gli iscritti, ma non solo. La condizione necessaria e sufficiente dell’esistenza di un contratto collettivo, comunque, è che vi partecipino collettivamente i lavoratori, dato che l’imprenditore può prenderne parte anche uti singulus.

Il potere di stipulare contratti collettivi discende dall’azione combinata di due principi:

  • la libertà di organizzazione sindacale, che, come detto, ha come necessario corollario la libertà di contrattazione collettiva.
  • il potere di autonomia contrattuale (art. 1322 co. 2), che spetta alle associazioni sindacali, così come a qualsiasi altro soggetto privato.

Sebbene l’appartenenza del contratto collettivo alla categoria dei contratti atipici sia contestata, non v’è dubbio che l’interesse cui tale contratto tende sia <<meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico>>. È pur vero, comunque, che la legge non contiene una disciplina giuridica del contratto collettivo, e questo perché gli artt. 2067-2081 c.c. sono ormai ritenuti decaduti, o comunque inapplicabili, a motivo della loro genesi <<corporativa>>.

Il contratto collettivo, di conseguenza, pur essendo nominato dall’ordinamento giuridico, è privo di una tipicità giuridica a livello di disciplina (inattuazione art. 39). Ciò significa che l’ordinamento, quando si riferisce al contratto collettivo, rimanda ad un dato di tipicità sociale, ossia a ciò che il contratto di fatto è. Il quid pluris che, al massimo, il legislatore aggiunge è il riferimento ad alcuni criteri selettivi, intendendo che essi debbano essere soddisfatti dal contratto collettivo, qualora esso pretenda di dar luogo a specifici effetti giuridici: è quello che accade in forza delle <<clausole di rinvio>>, ove i legislatore propende a precisare:

  • i sindacati che debbono stipulare un certo contratto collettivo (es. i più rappresentativi).
  • il livello al quale quel contratto collettivo deve essere concluso (es. nazionale, aziendale).
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